A Palazzo Reale rivive il tempo di Egon Schiele

O ssessionato dalle donne, dal sesso e dalla morte. Spigoloso, contorto, problematico, Oggetto di strali borghesi e di condanne moraliste. Parte dalla Secessione, arriva all'espressionismo, al cubismo e forse chissà dove ancora se la morte precoce non lo avesse fermato. É a Palazzo Reale da domani lo «scandaloso» Egon Schiele (1890-1918), la cui fama e le vertiginose quotazioni non conoscono declino dagli anni Cinquanta (quando il medico Rudolf Leopold cominciò a collezionarlo) ad oggi. Dipinti e opere su carta provenienti proprio dal Leopold Museum di Vienna, la grande raccolta d'arte austriaca fra Otto e Novecento.
Più che «Schiele e il suo tempo», la rassegna avrebbe dovuto intitolarsi «Il tempo di Schiele»: buona è infatti la parte didattica che illustra l'ambiente artistico dai primi passi della Secessione fino all'Espressionismo con una ricca documentazione fotografica. Misurate con il contagocce le opere più famose dell'artista protagonista, ripetendo il modello dell'esposizione appena conclusa dedicata a Edward Hopper dove abbondavano i disegni ma mancavano molti capolavori. Ma basterebbe la presenza di opere come «I due eremiti» (in cui Egon rappresenta se stesso e Klimt) o «Madre cieca» a giustificare una visita.
Le donne. Una morbosa attrazione induce Schiele a staccarsi dalle estasi bizantine di Klimt per rappresentarle con un tratto spigoloso e contorto, in pose oscene, corpi scarni, malati, volti lividi, divorati dagli occhi. La sua prima modella è la sorella Gerti, cui seguirà Wally Neuzil, una rossa dagli occhi verdi, diciassette anni appena compiuti, quando la conosce e ne diventa l'amante. La lascerà per Edith Harms, brava ragazza della porta accanto, sua moglie per tre soli anni e sua ultima modella.
Il sesso. Nei suoi dipinti e acquerelli l'attenzione per i particolari sessuali suscitò scandalo e riprovazione. L'indignazione degli abitanti lo costrinse ad abbandonare le piccole comunità di Krumau in Boemia e di Neulengbach. A Neulengbach fu perfino accusato ingiustamente (il fango schizzava anche allora) di avere sedotto una quattordicenne e imprigionato per quasi un mese.
Nel catalogo edito da Skira è riportato il diario dal carcere, pubblicato dopo la sua morte dall'amico Arthur Roessler: grida di disperazione per l'ingiustizia subita («L'indagine è andata avanti in modo vergognoso, io ho sofferto miserevolmente cose indicibili») ma anche lampi d'artista: «Eterno è Dio... ed eterno come lui è ciò che vi è di più divino dopo Dio: l'Arte. L'Arte non può essere moderna. L'Arte appartiene all'eternità». La morte. Nei dipinti, negli autoritratti (in mostra il volto scavato e lo sguardo allucinato dell'«Autoritratto con alchechengi»), nei paesaggi aleggia un senso di fine, di dissoluzione, quella che il poeta austriaco Georg Trakl nella poesia «Grodek» chiama «Verwesung», putredine. Se è vero che Schiele amava atteggiarsi da «maledetto», è anche vero che dallo scoppio della guerra la morte aleggia sull'impero austro-ungarico e getta un'ombra brillante vita culturale viennese. Nel 1910 si suicida Richard Gerstl, sotto il peso dello scandalo per la relazione clandestina con Mathilde Schönberg, moglie del famoso compositore.

Nel novembre 1914, psichicamente distrutto dalla carneficina della battaglia di Grodek in Galizia, si uccide con un'overdose di cocaina Georg Trakl, a 27 anni. Egon Schiele si ammala di spagnola e muore il 31 ottobre 1918, quattro giorni dopo la scomparsa della giovane moglie, uccisa dallo stesso male al sesto mese di gravidanza. Egon ha 28 anni.Un anno prima era morta Wally.

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