Cronache

Il Papa ricorda le vittime degli sbarchi

Il Pontefice getta una corona in mare per ricordare i 20mila morti durante le traversate. Poi, nell'omelia della Messa, la denuncia: "Nessuno piange per questi morti"

Papa Francesco getta in mare una corona per ricordare i morti in mare
Papa Francesco getta in mare una corona per ricordare i morti in mare

Una visita storica nell'isola simbolo dell'immigrazione clandestina, ponte tra il Nord Africa e l'Italia. Appena arrivato a Lampedusa, papa Francesco ha lanciato in mare una corona di crisantemi bianchi e gialli. Un gesto di omaggio per ricordare gli oltre 20mila immigrati morti nei naufragi mentre cercavano di raggiungere la Sicilia. "Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte - ha detto il Santo Padre duranete l'omelia - quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza".

Un viaggio che vuole dare un chiaro messaggio di accoglienza verso i più poveri. Un viaggio che non mancherà di suscitare un acceso dibattito. Per la prima volta nella storia della Chiesa, il Papa va incontro agli immigrati. E lo fa proprio a Lampedusa dove anche questa mattina ha assistito allo sbarco di altri 166 clandestini. A bordo di una motovedetta della Guardia costiera, seguita da decine di barche da pesca e da diporto dei lampedusani, Bergoglio ha raggiunto le acque di fronte alla Porta d’Europa. Qui si è raccolto in preghiera per qualche istante e ha getta in mare la corona di fiori. Dopo l’omaggio, il Pontefice ha nuovamente pregato sulla plancia della motovedetta, quindi è approdato al molo Favaloro, la zona del porto dove attraccano le motovedette che ogni giorno fanno sbarcare gli immigrati soccorsi in mare (guarda il video). Il gesto del Santo Padre è stato seguito da terra da decine di isolani, che si erano radunati alla Porta d’Europa, il monumento che segna Lampedusa come il punto più a Sud del continente. Decine di pescherecci e natanti da diporto, oltre a unità della Guardia costiera, dei carabinieri e dalla Guardia di finanza, seguono la motovedetta del Pontefice in un clima di entusiasmo. Appena sbarcato al molo Favaloro, Bergoglio ha incontrato un gruppo di una cinquantina di immigrati che erano approdati nei giorni scorsi a Lampedusa e che adesso sono ospitati nel centro di accoglienza. "Preghiamo anche per quelli che oggi non sono qui", ha detto papa Francesco ringraziando tutti i presenti per l'accoglienza che gli hanno rivolto. Tra gli stranieri, a cui il Santo Padre si è fermato a stringere la mano, molti erano di religione musulmana. Un giovane lo ha salutato in dialetto arabo tigrino: "Siamo fuggiti dal nostro paese per motivi politici ed economici. Per arrivare in questo luogo tranquillo abbiamo sfidato vari ostacoli, siamo stati rapiti dai trafficanti. Abbiamo sofferto tantissimo pe arrivare in Libia".

Durante la Santa Messa celebrata nel campo sportivo, papa Francesco ha spiegato di aver sentito l'esigenza di venire a Lampedusa "a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare" le coscienze perché quanto è accaduto in questi anni "non si ripeta" più. Quindi, ha rivolto un pensiero agli immigrati musulmani che questa sera inizieranno il digiuno del Ramadan: "La Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie. A voi, O 'scià". Quindi, entrando nel cuore dell'omelia, Bergoglio ha pronunciato parole durissime per denunciare il sacrificio di 20mila immigrati che sono morti nel Mar Mediterraneo mentre fuggivano alla fame e alla guerra per cercare un futuro dignitoso. "Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno - ha spiegato il Pontefice - tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io". E ha incalzato: "Ma Dio chiede a ciascuno di noi: 'Dov’è il sangue di tuo fratello che grida fino a me?'". Da qui la condanna alla "cultura del benessere" che, come spiega papa Francesco, rende gli uomini insensibili alle grida del prossimo in una situazione che "porta all’indifferenza verso gli altri" e "alla globalizzazione dell’indifferenza".

"Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro - ha concluso - non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro".

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