Politica economica

Privatizzazione Poste, lo Stato resta controllore. Giorgetti: "Non sarà svendita"

Il ministro dell'Economia in audizione al Senato: "La quota Mef vale 4,4 miliardi"

Privatizzazione Poste, lo Stato resta controllore. Giorgetti: "Non sarà svendita"

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Riflettori accesi su Poste. Oggi sono intervenuti in audizione in Senato l’amministratore delegato Matteo Del Fante e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per discutere del Dpcm che prevede la cessione di una quota della partecipazione pubblica nell’azionariato dell’azienda. Il voto della commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera sul parere relativo al Dpcm è stato rinviato alla prossima settimana, a Palazzo Madama è stato fatto il punto sulla vendita sul mercato di ulteriori quote di Poste, in particolare a proposito dei dubbi avanzati da alcuni parlamentari.

Poste Italiane "ha uno statuto che prevede che ci sono 9 consiglieri, il primo azionista ne sceglie 6 e indica chi sarà presidente e chi l'amministratore delegato. Quindi che lo Stato venda un'azione, ne ricompri 10 o ne venda 30 non cambia niente", ha spiegato Del Fante, sottolineando che il controllore dell’azienda rimane lo Stato: “Lo statuto è quello: dei 9 consiglieri, 6 consiglieri vengono nominati dallo Stato, chiaramente c'è il tema su quei 6 se ci metti 6 persone giuste o no, ma questo vale sia che lo Stato sia proprietario del 90, del 70 o del 50 per cento". Lo statuto che regola la composizione del consiglio d’amministrazione non cambia e dunque non ci sarà alcuna privatizzazione. Non sono previsti cambiamenti nemmeno nel piano con l’ulteriore cessione di quote, ha rimarcato Del Fante: “Dipende solo ed esclusivamente dal management dell'azienda e dalle indicazioni che il management ha dall'azionista”.

Interpellato dai senatori a proposito dell’alienazione di una quote di Poste, Giorgetti ha spiegato che le risorse che potranno essere ottenute dalla realizzazione dell’operazione dipenderanno dall’ammontare della quota che sarà collocata sul mercato. "Laddove si procedesse alla cessione dell'intera partecipazione direttamente detenuta dal Mef, ferme rimanendo le valutazioni che potranno essere effettuate in merito al mantenimento della partecipazione pubblica maggioritaria nel capitale, il controvalore desunto sulla base dei più recenti dati di mercato disponibili potrebbe ammontare a circa 4,4 miliardi", ha spiegato il titolare del Tesoro.

L’operazione di dismissione rappresentata nel Dpcm deve essere considerata una cornice che individua un valore minimo della partecipazione statale, ha aggiunto, per poi bacchettare chi parla di“svendita”: “Credo che utilizzare il termine sia scorretto: parliamo di vendita. La svendita si potrà valutare a posteriori in base alle modalità e alle condizioni in cui questa operazione verrà fatta”. Una riflessione anche sul dossier Pagopa. Giorgetti ha confermato che il Mef sta valutando le obiezioni dell'Antitrust: "Cercheremo di dare risposta, ma riteniamo che sia un'operazione di razionalizzazione del sistema.

Non c'è alcuna volontà strumentale di fare una specie di aggiotaggio di Borsa per valorizzare ulteriormente Poste al fine del collocamento della quota sul mercato".

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