Politica

L'errore fatale di Grillo? Abbandonare i suoi a Roma

Grillo non è riuscito ad andare d'accordo con se stesso: come può pretendere che cinque mosche siano capaci di padroneggiare in armonia cinque stelle? Ciascuno di essi si prenderà una stella per mettersi in proprio e vendere la bottega al migliore offerente

L'errore fatale di Grillo? Abbandonare i suoi a Roma

Beppe Grillo se ne è andato perché «un po' stanchino». Il rischio è che presto si stanchi di essere stanchino e torni ad aleggiare sopra le 5 stelle, troppe per un solo partito che non è neanche un partito, essendo rimasto fermo a dove è nato: alla confusione dell'antipolitica, rivelatasi peggiore della politica, il che è tutto dire.

Ci fu un tempo in cui simpatizzavo per il grillismo. I vaffa reiterati del guru genovese avevano su di me (e non solo su di me) un effetto liberatorio. La parolaccia sta male, ma in alcune circostanze fa bene alla salute e allo spirito. I comizi del capo erano trascinanti, pezzi di bravura cabarettistica, più divertenti dei siparietti di Crozza, il comico che va per la maggiore, recentemente avviatosi ad andare per la minore. Dopo cento discorsi al fulmicotone, tutti uguali, Grillo ha cominciato ad annoiare. La ripetitività è efficace se si esaurisce in tre mesi; se prosegue per cinque anni dà sui nervi. Ecco perché il dittatore dimissionario ha deluso molti elettori e molti adepti: non lo sopportano più, lui e le sue epurazioni, le sue prediche stucchevoli rimaste lettera morta.

Una, dieci, cento volte egli manifestò il proposito di aprire il Parlamento come una scatola di tonno. Invece ha rotto tutte le scatole tranne quella che intendeva scoperchiare. Non ha realizzato neppure il 5 per cento del programma, peggio di Matteo Renzi. Quest'ultimo se non altro siede a Palazzo Chigi e si è conquistato il record mondiale di visibilità. In nove casi su dieci, se accendi il televisore compare il premier impegnato a illustrare i propri meriti; praticamente vive 24 ore negli studi di varie emittenti. Probabilmente dorme lì, in poltrona, temendo di perderla. Cosa che non ha potuto fare il leader (ex) pentastellato, avendo in uggia le telecamere.

Il punto è questo: perché egli ha sempre rifiutato lo strumento più adatto alla propaganda, cioè la tv, vietandone l'uso (per mesi e mesi, anni) anche al proprio esercito di neofiti? Il sospetto è che Grillo, consapevole di non avere idee guida e neanche argomenti persuasivi, abbia evitato con cura di partecipare ai talk show allo scopo di sottrarsi al contraddittorio con qualunque avversario. Non so se sia stato un errore tragico, ma so che un generale non è in grado di comandare le truppe standosene chiuso in villa, pigramente sprofondato in un divano.

In epoca di miracoli tecnologici, non è arduo fare diagnosi a distanza, controllare i bilanci e l'attività di aziende con sede in altri continenti. Col computer tutto è possibile, tranne però che dirigere un gruppo di onorevoli e senatori, ciascuno con i propri sentimenti, le proprie pulsioni, ambizioni e storture mentali. O gli ordini sono diretti, e se ne verifica l'esecuzione di persona, oppure quando giungono a destinazione sono già inquinati dal passaparola, rendendo quasi automatica la disobbedienza. Difatti il Movimento si è sbriciolato.

L'iniziale compattezza è solo un ricordo. Ora prevale la tendenza all'anarchia. La sostituzione del capoccia con la Rete è una caricatura della democrazia, una finzione che produce equivoci. Il sogno di Grillo è svanito venerdì. Il vecchio e canuto condottiero (a parole) si è così ritrovato con cinque mosche in mano e le ha incaricate di costituire un direttorio che ha suscitato l'ira degli esclusi dal medesimo, cioè la quasi totalità dei grillini.

Una domanda che non prevede una risposta: Beppe, che non è riuscito ad andare d'accordo con se stesso, come può pretendere che cinque mosche siano capaci di padroneggiare in armonia cinque stelle? La soluzione più probabile è che ciascuno di essi si prenda una stella e si metta in proprio, vendendo la bottega al migliore offerente.

In attesa di abbassare la saracinesca, il quintetto abbassi almeno le arie.

 

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