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Nord, secessione da Renzi

Lombardia, Liguria e Veneto dicono no al governo che vuole scaricargli altre migliaia di profughi

Nord, secessione da Renzi

Tre regioni del Nord hanno annunciato la secessione dal governo Renzi. I governatori di Veneto, Lombardia e Liguria rifiuteranno le nuove quote di immigrati annunciate e richieste dal ministro Alfano. Maroni ha addirittura minacciato di tagliare i fondi ai comuni lombardi che non rispetteranno lo stop. Apriti cielo: da sinistra è partito il solito coro sul razzismo della destra italiana. Renzi, da Berlino, parla di annunci da campagna elettorale. C'è del vero, ma non nel senso che intende il premier. Perché l'ultima tornata elettorale l'hanno stravinta, in Veneto e in Liguria, quei partiti che promettevano un giro di vite drastico all'accoglienza insostenibile e l'hanno persa quei partiti che, al contrario, sostenevano la tesi della solidarietà a prescindere. Il mandato dei cittadini è stato quindi chiaro e giustamente, direi coerentemente, i governatori si apprestano a metterlo in pratica. Non farlo, sarebbe un tradimento del voto ricevuto.

Non c'è nulla di razzista nel dire basta a una politica permissiva (oltre che corrotta, come dimostra l'inchiesta in corso su Roma) che non fa che alimentare nuove ondate di immigrati certi di trovare in questa Italia una soluzione ai loro problemi (solo nelle ultime ore, tra sbarchi e soccorsi in mare, ci siamo portati in casa alcune migliaia di clandestini). In Europa la linea dura ormai non è più esclusiva di movimenti radicali o di nicchie xenofobe. Nella civile Inghilterra, il premier Cameron ha di fatto chiuso le frontiere, in Francia Hollande sta portando la sinistra su posizioni di grande rigore. Solo in Italia la sinistra politica non vuole ammettere il problema e gli errori. Renzi è prigioniero della demagogia del suo partito sul fronte interno e della sua leggerezza in una Europa che finge di ascoltare i suoi allarmi ma poi fa spallucce.

Non è un caso se anche le icone della sinistra storica prendono le distanze da tanta cecità. Dopo Adriano Celentano, che alla vigilia delle elezioni aveva dichiarato la sua simpatia per Matteo Salvini e la sua linea politica in tema di sicurezza, ieri è stato il turno di Roberto Vecchioni, in questi anni cantore ufficiale dell'antiberlusconismo. «La mia politica preferita? Giorgia Meloni», ha dichiarato a sorpresa il cantante, che certo non si riferiva all'aspetto fisico, peraltro interessante, della leader di destra. Rigore, sicurezza, scoraggiare con ogni mezzo l'invasione: questo chiedono gli italiani.

Per fortuna, almeno al Nord, qualcuno li ascolta.

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