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Botte, hacker e denunce: guerra nell'Ugl

Lo storico sindacato di destra, è al centro d'una guerra civile senza esclusione di colpi, al limite del lecito

Botte, hacker e denunce: guerra nell'Ugl

Roma - Botte, hacker, denunce, persino un «antipapa». L'Ugl, storico sindacato di destra, è al centro d'una guerra civile senza esclusione di colpi, al limite del lecito - se non oltre - che rischia di mettere la parola fine a una storia cominciata 65 anni fa. I guai iniziano ad aprile 2014. Un banale controllo fiscale finisce con l'allora segretario generale, Giovanni Centrella, indagato per associazione per delinquere, truffa e appropriazione indebita: tra l'altro, le Fiamme gialle a settembre gli mettono sotto sequestro una casa a Roma. Decapitato il vertice, l'Ugl elegge segretario generale Geremia Mancini, capofila di una cordata che propone discontinuità. Ma una fazione del sindacato si oppone, tra l'altro, alla proposta di costituirsi come parte civile contro Centrella. Il neosegretario si dimette e nell'Ugl scoppia la guerra - e il caos - con tanto di scissione tra i due schieramenti: uno di «rottura» con il passato, il secondo formato dagli ex collaboratori del segretario indagato (c'è pure l'ex segretaria, Laura De Rosa, indagata anche lei) e da un gruppo di poliziotti, sempre iscritti al sindacato, già componenti della segreteria di Centrella.

I primi a ottobre 2014 eleggono segretario Paolo Capone in un consiglio nazionale che finisce in rissa. I secondi ricorrono contro l'elezione ottenendo la sospensione di Capone. Ma le sorprese non sono finite. A febbraio scorso la sede confederale di via delle Botteghe Oscure viene «assaltata» da un gruppo di persone col passamontagna, sotto gli occhi della polizia. Del «commando», per gli assediati, fanno parte anche alcuni dei poliziotti-sindacalisti. Il tentativo fallisce, tra spintoni e feriti. Un secondo blitz, ad aprile, finisce con l'occupazione della sede per qualche ora e scontri tra le due fazioni. Nel frattempo la vicenda finisce sulla scrivania del capo della polizia, Alessandro Pansa. Dopo la rissa alla sede, a chiamarlo in causa è l'Avvocatura dello Stato. Pansa, con una circolare, ricorda che gli agenti di polizia non possono ricoprire incarichi nei sindacati confederali. A fine agosto i «caponiani» convocano il Consiglio nazionale e seguendo le regole dettate dal giudice che l'aveva sospeso, rieleggono Capone segretario. L'altra fazione ha giocato d'anticipo, riunendosi due settimane prima e ha eletto segretario Taddeo Albanese, pur in mancanza del numero legale, e nonostante Albanese risulti già dirigente sindacale di un'altra organizzazione, Federazione Intesa.

L'«antipapa» Albanese comincia una frenetica attività per accreditarsi come unico rappresentante. Comincia «clonando» il sito web del sindacato (lo chiama ugl24.it ), spedisce telegrammi di espulsione ai dirigenti dell'«altra» Ugl (che denuncia tentativi di hackeraggio della posta), chiede - e ottiene - lo spostamento della sede del sindacato alle Poste e all'agenzia delle Entrate (poi ripristinata dopo una denuncia ai carabinieri dell'Ugl-bis), cerca di sostituirsi a Capone nei rapporti con le banche del sindacato, innescando le proteste dei dipendenti che, per la situazione di caos, vengono pagati in ritardo. La guerra continua. Almeno fino al prossimo 3 novembre. Quando i giudici chiamati a pronunciarsi sulla querelle potrebbero far chiarezza.

Forse.

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