Cronache

"Abbiamo portato in Francia due clandestini dentro un'auto"

Anche la frontiera francese è un colabrodo: abbiamo aiutato due clandestini a varcare il confine. Nessuno ci ha fermati

"Abbiamo portato in Francia due clandestini dentro un'auto"

L'Europa non comincia a Ventimiglia. Nemmeno al Frejus, al Brennero o al Sempione. Si parte da Linosa «provincia di Lampedusa». E dal resto delle nostre coste. Le president Françoise Hollande mostra i muscoli (che non ha) dimenticandosi la storia, le ex colonie. Posiziona la gendarmerie gonfia di protervia al confine sul mare. Stracciando Schengen, abbandonando i nostri, ma anche tanti suoi profughi di questo finto condominio targato Ue, sugli scogli della Liguria. Chiudendo le frontiere. A colpi di manganello.

Il nostro viaggio così comincia dal sud del Continente, quello che è il nord dell'ex Belpaese. Si parte da Milano. Khassou ha 24 anni, il suo compagno di viaggio Sankou 47, arrivano dall'ex colonia francese di Tambacounda, Senegal. Hanno ciascuno un trolley in mano. Rosso, piccolo ma vistoso. Polizia, carabinieri, vigili, guardie giurate, circondano lo scalo della città dell'Expo. Un valico aperto ai turisti, vietato ai milanesi, non alla malavita. La Croce Rossa fornisce pasti, assistenza sanitaria a chiunque abbia la pelle diversa. Sembra zona di guerra. Khassou e Sankou vogliono andare in Francia. Parigi la meta. Dicono di avere lì i loro parenti. Ma a Ventimiglia non si passa, nemmeno ai confini Austriaci e Svizzeri. Loro sono stai respinti due volte in pochi giorni.

Li raccogliamo noi. Proponiamo un viaggio verso la speranza. Nonostante non siano profughi, come direbbe retoricamente l'ineffabile ministro dell'Interno Angelino Alfano. Sono semplici, miseri, semianalfabeti africani a caccia di un miraggio. Mangiano un torsolo di mela nelle aiuole della stazione e chiedono un antidolorifico ai volontari per non vomitare gli stenti. Hanno passato il deserto, pagato gli scafisti, e rischiato la vita per un futuro che si è fermato su una panchina ancora straniera. L'Italia ha respinto la loro richiesta d'asilo. Hanno fatto ricorso due volte, pagato avvocati avvoltoi, oggi sono dei senza terra. I flic d'Oltralpe non li vogliono. Nemmeno gli altri 27 Paesi della Ue. L'Italia abbaia senza mordere, Renzi alza il tiro ma abbassa la voce nell'Europa «che conta». Un parolaio magico che oggi suona più stonato che mai.

Alle cinque del mattino carichiamo i due «profughi» in auto. E partiamo, come pendolari qualunque verso una fabbrica che si chiama Nizza. È vicina eppure così lontana. L'inizio della catena. Non si fidano, Khassoue e Sankou sembrano non credere che non costi niente la terra promessa. Sono già stati abbordati da presunti «passatori» che a Milano gli hanno proposto il trasporto al confine per 200 euro. La strada non è quella del treno e nemmeno quella dei vacanzieri. I due senegalesi quando li avviciniamo temono che gli si voglia rubare le valigie. Alla fine si convincono, accettano.

Si parte, non sulle strade del mare ma verso quella delle montagne. Quelle delle Alpi Marittime che portano verso un paese che non esiste politicamente ma attraversa mulattiere dimenticate, là dove settanta anni fa si combatteva la Seconda Guerra Mondiale. Si può entrare in mille modi nelle Marianne. Cinque-sei ore di viaggio, facendo attenzione ai controlli della nostra polizia e carabinieri, passando per strade secondarie. Si arriva in cima ai monti, 60 km in linea d'aria dal mare della Francia. Lì i gendarmi da anni non controllano più. Massi, burroni. Ma si passa. Piano piano lo facciamo noi, domani potrebbe farlo una nuova appendice del traffico schifoso o di «merce umana». Passando da qua, da una delle tante frontiere sconosciute all'Europa entriamo nella Francia «vietata». Passiamo davanti alla polizia, fotografiamo, ci fingiamo turisti. Noi e i due sans papier che a Ventimiglia sono stati bloccati per giorni. Cacciati dalla porta principale; rientrati dal buco della cantina. Un percorso duro, ma non più del Sahara o del canale di Sicilia. Con venti euro e si paga il biglietto per un bus che ti porterà a Nizza, qualche spicciolo in più per andare a Tolone.

Ci siamo, Parigi ora non è più così lontana. Nella capitale sotto la Torre Eiffel Khassou lavorerà al mercato, mentre Sankou spera di trovare quel posto che gli hanno promesso in un' impresa di pulizie. Con buona pace dei cugini. Mentre la nostra magistratura continua cercare scafisti che ormai nemmeno più ci sono. Tra un tornante e l'altro i due nostri senegalesi lo raccontano. Dopo un paio di miglia il comandante del barcone partito dalla Libia è diretto in Italia se ne è andato. Ha lanciato un Sos all'Italia, ha lasciato il timone a un somalo, uno dei circa 90 imbarcati a colpi di frusta. Gli ha spiegato solo dove puntare il timone. In attesa dell'arrivo dei nostri soccorsi. Che puntualmente arrivano. I morti sono un effetto collaterale.

Per cui far finta di piangere a Bruxelles, come al funerale di un parente dimenticato.

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