Cronache

Addio colonie estive Ora sono soltanto un rifugio di sbandati

Sui 70 chilometri di costa della riviera romagnola, i 246 edifici che ospitavano bimbi si sono trasformati in ecomostri. Abitati da senzatetto e immigrati

Addio colonie estive Ora sono soltanto  un rifugio di sbandati

nostro inviato a Cattolica (RN)

I cappellini bianchi tutti uguali, le enormi camerate di lettini, i lunghi stanzoni dove la sera prevaleva la nostalgia, il film proiettato all'aperto (ogni mercoledì), i cambi dei vestiti bisettimanali e le passeggiate, in fila per due nei giorni di pioggia, per andare a comprare il gelato. La Riviera Romagnola è anche «la Riviera dei ricordi». C'erano una volta le colonie, verrebbe da dire guardando gli scheletri dei fasti d'un tempo. Lungo i suoi settanta chilometri di costa si nascondono, come scrigni dimenticati, questi mastodontici edifici abbandonati. Circa 246, da Marina di Ravenna a Cattolica, di cui almeno i due terzi oggi sono «mostri» spiaggiati, astronavi aliene. Un patrimonio di un milione e mezzo di metri quadrati di superficie sprecato.

Facciate scrostate, finestre rotte, cespugli che invadono i portoni d'ingresso. Scorrono una accanto all'altra come i sopravvissuti di un cataclisma o di una guerra dei mondi. Ruderi in riva al mare, facile preda di sbandati e immigrati clandestini in cerca di un rifugio notturno, a pochi passi dai luccicanti hotel che ospitano i turisti.

Nate nell'Ottocento per i bambini affetti da malattie tubercolari, durante il fascismo sono diventate luoghi di propaganda. L'orgoglio del ventennio passava anche per l'irrobustimento dei fanciulli più fragili e deperiti. Nel dopoguerra recuperarono una spinta prettamente sociale per poi finire nella polvere con il boom economico. Partendo da nord le prime colonie che si incontrano sono la Varesina di Milano Marittima con la maestosa rampa, ora ridotta a poco più di un rudere sulla spiaggia e la Monopoli di Stato. Proseguendo verso sud, Cesenatico è la città con la più alta concentrazione, ben 76, gestite da enti pubblici, religiosi e grandi aziende come la Fiat, l'Agip, l'Olivetti. Perché soldi per la «villeggiatura» non ce n'erano e questo era un modo per ridare speranza alle famiglie, attraverso soggiorni marini offerti ai figli delle classi operaie. La maggior parte sono nella riviera di Ponente tra le quali la «Cardinal Schuster», gestita dalle suore Orsoline di Bergamo, oggi asilo infantile e soggiorno estivo per famiglie o la «12 Stelle» eretta negli anni Cinquanta e destinata alle vacanze dei bambini di Bolzano. La nuova amministrazione di Roberto Buda si è impegnata a riqualificarle ma dei lavori per ora nemmeno l'ombra.

Più giù c'è Bellaria-Igea Marina, vera e propria cittadella-colonia con altre decine di ruderi sulle spiagge. Poi si arriva a Rimini dove a Bellariva si trovano, entrambe risalenti agli anni Trenta, la colonia Marina Bolognese con duemila posti letto e la Novarese, che doveva diventare un grand hotel ma i cui lavori sono bloccati. Anche quel che resta della colonia Augusto Murri, costruita nel 1911 dalle Opere Pie di Bologna e Imola, è oggetto di un lavoro di riqualificazione da 9 milioni. Ma per ora tutto fermo. A Riccione la colonia Reggiana è pericolante, mentre la Dalmine è stata riconvertita nell'hotel «Le Conchiglie», salvo poi essere abbandonato e assediato dai balordi. Infine, si arriva a Cattolica con la colonia «Figli italiani all'estero», che adesso ospita l'Acquario «Le Navi». Ma sono poche le colonie riconvertite in scuole o che hanno mantenuto la loro destinazione d'origine.

La decadenza è iniziata dagli anni Ottanta: la situazione economica era migliorata e i genitori malvolentieri si separavano dai figli. Mandare i bambini in colonia era considerata «una vergogna», un marchio di povertà. Così, una dopo l'altra, chiusero e vennero lasciate al degrado. Turisti e operatori si lamentano.

Un progetto di bonifica di tutto il litorale esiste, ma le tante proposte di recupero sono per ora abbandonate, come questi edifici, che meriterebbero un riutilizzo, in un tessuto urbano ormai saturo di strutture ricettive.

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