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Alluvionati, italiani di serie B Dopo le promesse il nulla

Dal Piemonte alla Sicilia, le vittime ignorate dal nuovo governo. E slitta la decisione sullo stato di calamità

Alluvionati, italiani di serie B Dopo le promesse il nulla

Dal Piemonte fino alla Sicilia, passando da Liguria, Lombardia, Lazio e Calabria, sono migliaia gli italiani dimenticati dall'ex premier Matteo Renzi che, nel consegnare il campanello al suo successore Paolo Gentiloni, non ha fatto neppure un cenno a tutti quei cittadini che tra il 24 ed il 26 novembre sono stati vittime di un'alluvione così devastante che ancora adesso fa registrare frazioni isolate, case inagibili, strade interrotte, ponti pericolanti e un'agricoltura in ginocchio. Ed il malcontento sale come il livello dei fiumi in quei terribili tre giorni. Se tutti, ad iniziare dal capo dello Stato Sergio Mattarella, hanno voluto sottolineare l'attenzione e gli aiuti verso le regioni italiane dilaniate dal terremoto - ieri la Camera ha approvato quasi all'unanimità, il decreto Terremoto che contiene sia le misure varate dopo il sisma del 24 agosto sia le norme aggiuntive dopo i terremoti del 26 e del 30 ottobre - non una sola parola è stata detta per le popolazioni che sono finite sott'acqua.

Neanche al momento del simbolico passaggio della campanella dalle mani di un premier all'altro, Matteo Renzi ha ideato il fuori programma del regalo a Gentiloni della felpa con su scritto Amatrice. Le sei regioni colpite dal nubifragio di novembre, fortunatamente hanno avuto meno danni e molte meno vittime - tre in tutto - rispetto ai territorio devastati dalle scosse telluriche, ma questo non giustifica una simile dimenticanza. Soprattutto considerando che l'alluvione era ancora nel pieno della sua furia che già l'allora presidente del consiglio Renzi, sorvolando in elicottero i territori devastati del Piemonte e della Liguria - tra un incontro e l'altro per sponsorizzare il Sì al referendum - garantiva: «Non vi lasceremo soli». Tutte le Regioni alluvionate hanno avanzato la richiesta dello stato di calamità che, al momento, non è ancora passata in Consiglio dei ministri. Colpa anche della crisi del dopo referendum ma anche solo una parola nell'elenco delle priorità del governo, sarebbe bastato a rassicurare gli alluvionati.

Dal 24 al 26 di novembre, un'onda di acqua e fango ha percorso l'Italia, dal Nord al Sud: in poche ore la provincia di Reggio Calabria è stata sferzata da oltre 300 millimetri di pioggia, per una stima dei danni superiore ai 110 milioni di euro. In Liguria alcune aree in provincia di Savona le precipitazioni hanno raggiunto i 200 millimetri. Per giorni paesi liguri e piemontesi - i due territori più fortemente colpiti - sono stati isolati e in tutte le regioni finite sott'acqua è ancora alta l'allerta per il pericolo frane. Ingenti i danni all'agricoltura: dalla Calabria alla Sicilia, gli agrumi galleggiavano lungo i fiumi in piena e la Coldiretti ha stimato la perdita del cinquanta per cento della produzione agrumicola. Numerose le coltivazioni di piante aromatiche totalmente distrutte e serre sdradicate in tutto il Sud d'Italia. «Il fatto che il governo non abbia ancora varato il decreto per attuare lo stato di calamità ci lascia alquanto perplessi. Lo stesso Renzi si è reso conto di persona dei danni subiti dal territorio - spiega Michelangelo Pellegrino, Coldiretti Cuneo - Ci sono aziende agricole che non hanno più magazzini e stalle, interi terreni mangiati dall'acqua che non potranno più esser utilizzati e questo mette a rischio la sopravvivenza di numerose aziende.

Ma finché non sarà possibile attuare sgravi fiscali, agevolazioni bancarie e moratorie sui mutui, garantiti dal riconoscimento dello stato di calamità, la produzione agricola di tutte le regioni colpite dal nubifragio è bloccata, per una perdita economica inestimabile».

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