Politica

Alta tensione nel governo Giorgetti contro il sussidio M5s

Il sottosegretario attacca il reddito di cittadinanza e in serata vede il premier. Si apre il fronte prescrizione

Alta tensione nel governo Giorgetti contro il sussidio M5s

A sera, un incontro d'emergenza a Palazzo Chigi tra il premier Conte e il leghista Giorgetti fa capire che sulla manovra il caos politico continua, e che la tensione tra i due alleati resta alta.

Il reddito di cittadinanza, promessa clientelare fatta dai grillini e assai poco apprezzata in casa salviniana (un sondaggio di Repubblica dà gli elettori leghisti al 79% perplessi o contrari) era finito ieri nel mirino dell'influente sottosegretario alla presidenza del Consiglio che - in quota Carroccio - vigila sull'inesperto premier Conte e spesso (accusano a mezza bocca dal M5s) lo scavalca. «Il reddito di cittadinanza? Ha complicazioni attuative non indifferenti. Se riuscirà a produrre posti di lavoro, bene. Altrimenti resterà un provvedimento fine a se stesso». Così (nelle anticipazioni del consueto libro di Bruno Vespa) Giorgetti liquida il grande totem pentastellato, mettendo in allarme rosso il partito di Gigino Di Maio. Anche perché le «complicazioni attuative» sono vere, e se ne stanno accorgendo persino loro, tanto che la messa a punto del provvedimento continua a slittare e finora ne sono circolate mille versioni, spesso surreali, e cifre a casaccio e in contraddizione tra loro. Ma la frenata leghista ha costretto il partito della Casaleggio a correre ai ripari, e a ordinare a Conte di zittire il suo sottosegretario assicurando che il reddito è bellissimo e si farà, cascasse il mondo. E per calmare le acque e non far scoppiare un caso, Salvini fa subito agitare la carota, dopo la bastonata di Giorgetti: «Da parte della Lega non c'è alcuna volontà di bloccare la misura, che fa parte del programma di governo», assicurano dal Carroccio. Lo stesso Giorgetti, dopo l'incontro con Conte, si dice «sorpreso dalle polemiche inutili e pretestuose», e assicura che «il governo va avanti unito».

Ma i focolai di scontro tra i due partiti sono molteplici, e nascono sia dalle incompatibilità politiche tra alleati che dalla strategia di lento logoramento cui vengono sottoposti Cinque Stelle, testimoniata giorno per giorno dai sondaggi. Se sul decreto Sicurezza di Salvini i «dissidenti» grillini non impensieriscono minimamente la Lega (tanto danneggiano solo Di Maio, e i voti per approvarlo ci saranno comunque), sul medievale emendamento per abolire la prescrizione, annunciato dal ministro della Giustizia Bonafede, la guerra è aperta. Denunciata come un abominio da giuristi e avvocati, la norma Bonafede (presentata probabilmente su input del magistrato Davigo) è stata un blitz non concordato, che la Lega vuol fermare: «Così quel testo non passa», giura la leghista Tateo. E un'autorevole fonte parlamentare del Carroccio spiega che «se lunedì l'incidente non verrà risolto dichiarando inammissibile l'emendamento e togliendolo di mezzo, il provvedimento anticorruzione finirà sul binario morto, perché la Lega non lo vota. E in Parlamento i grillini sono completamente isolati su questo tema». Reddito di cittadinanza, prescrizione, grandi opere, Muos: i terreni di scontro si moltiplicano. Il M5s, in crisi di consensi, è costretto affannosamente a cercare visibilità. La Lega, spesso obbligata dai numeri parlamentari al compromesso, non può concedere troppo su temi invisi ai suoi elettori. Sul condono e la «manina» inventata da Di Maio, confida Giorgetti, «abbiamo rischiato la crisi».

Poi «appianata». Ma che accadrà alla prossima occasione?

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