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Anche Casaleggio ammette: sulla Tav il governo rischia

Il guru di Rousseau: «Possiamo cadere, sul no all'opera la base è stata chiara». Fincantieri, scontro M5s-Lega

Anche Casaleggio ammette: sulla Tav il governo rischia

Q uando è Davide Casaleggio a parlare, la tesi assume la caratura del dogma. Niente compromessi sulla tav e nemmeno forzature. È un tema su cui la base del Movimento non arretra («ha sempre espresso la propria opinione in modo non equivoco» nonostante, rimarca il guru della piattaforma Rousseau «se ne sia dibattuto per anni» ) e quindi non può farlo nemmeno la dirigenza. A costo di far saltare tutto, governo compreso. La temperatura nei rapporti tra Cinque Stelle e Lega si misura soprattutto da questo nodo e dai sondaggi che continuano a registrare la crescita del Carroccio ai danni proprio dei grillini. «Non sta a me dire - commenta il figlio del fondatore del Movimento - se potrebbe saltare il governo su questa vicenda. Non credo, però...»

A spiegare meglio le perplessità di Casaleggio jr ci pensa il senatore torinese Alberto Airola. «Mi fido di Di Maio, di Toninelli e anche di Conte - dice il senatore pentastellato -. Non diranno sì alla Tav, salveranno l'onore del Movimento su un punto fondante: la lotta all'Alta velocità». «Siamo nati - aggiunge Airola - forse prima in Val di Susa: nel 2010 qui sono stati eletti i nostri primi consiglieri regionali». Salvini è avvertito. Sul questo tema il Movimento non può trattare. D'altronde in questo momento Di Maio ha a disposizione solo due mesi per ridurre quasi a zero i rischi di una nuova sconfitta molto più rumorosa, visto che si tratta di un voto nazionale, peraltro con un sistema proporzionale puro.

La tensione tra i due alleati di governo resta alta anche per altri motivi. A partire dai sondaggi che danno il «socio di minoranza» (la Lega), trasformarsi in padrone della scena politica (avrebbe circa dieci punti percentuali in più del Movimento 5 Stelle: secondo Tecnè che vede il Carroccio al 32,5 per cento e i Cinquestelle in ulteriore calo al 22 per cento).

E poi c'è la questione delle nomine. La prossima settimana, infatti, devono essere presentate le liste dei nominativi da inserire nei futuri consigli di amministrazione delle partecipate. Il nodo principale resta quello di Fincantieri. Di Maio non ha pregiudiziali concrete nei confronti dell'amministratore delegato Giuseppe Bono, ora in scadenza. Però è sponsorizzato da Salvini e quindi la sua riconferma deve condurre a una equa ripartizione in sede di consiglio di amministrazione della società. Di sicuro a via Bellerio sono fermi sulla posizione di riconfermare Bono. «Squadra che vince non si cambia» dicono nel quartier generale del Carroccio, facendo riferimento ai risultati positivi portati dall'amministratore delegato in scadenza.

I malumori tra i grillini, però, montano. Sentono franare il terreno sotto i piedi e cercano di puntellareloin tutti i modi possibili ben sapendo che il 26 maggio il voto europeo potrebbe davvero cambiare lo scenario politico anche interno. Nel pacchetto delle nomine da effettuare c'è anche il rinnovo dei vertici dell'Inps. E da tempo Di Maio sta pressando il ministro dell'Economia Giovanni Tria affinché sblocchi la nomina di Pasquale Tridico (il professore di Politica economica che ha suggerito l'idea del reddito di cittadinanza).

L'unico accordo raggiunto finora è quello sui nomi per Italgas e Snam. Alberto Dell'Acqua dovrebbe andare alla presidenza della prima e Luca Del Fabbro a quella della seconda, con la conferma degli attuali amministratori delegati. Soltanto sul nodo «autonomia» la Lega sembra disposta ad allungare i tempi (fino a oltre le elezioni europee).

Il tema, però, si trasformerà nell'ennesimo braccio di ferro se per allora le dinamiche interne alla maggioranza e gli equilibri tra alleati non saranno mutati.

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