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Anche Cl si riposiziona Al Meeting gli anti-Renzi

Nell'evento di Comunione e liberazione spazio agli avversari del leader Pd, da Orlando a Letta

Anche Cl si riposiziona Al Meeting gli anti-Renzi

Passato Ferragosto, arriva puntuale il Meeting di Rimini, trasversale kermesse che ad ogni fine estate segna puntuale la ripresa politica. Quest'anno, tra gli stand della riviera romagnola, sarà Paolo Gentiloni ad aprire le danze del Meeting.

È tradizione che sia il premier in carica ad aprire la serie dei dibattiti, salvo rare eccezioni: nel 2014 Matteo Renzi, da poco insediato a Palazzo Chigi, diede clamorosamente forfait preferendo il raduno degli Scout alla Compagnia delle Opere. Si rifece l'anno dopo, 2015: un bagno di folla e di applausi, per l'edizione più renziana del Meeting ciellino. Nel 2016, alla vigilia del referendum costituzionale (Comunione e Liberazione, salvo eccezioni, era schierata per il sì) l'onore dell'apertura toccò al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con il governo di Renzi rappresentato dalla ministra delle Riforme Maria Elena Boschi.

Il referendum è stato perso, Renzi non è più a Palazzo Chigi e anche Cl si riposiziona. Così, tra gli invitati politici di peso, spicca una schiera di fieri anti-renziani: i ministri Andrea Orlando e Carlo Calenda, e poi l'ex premier (disarcionato dal Pd a guida Renzi) Enrico Letta, invitato a discutere di Europa con il presidente del Parlamento di Strasburgo Antonio Tajani, berlusconiano doc. Un appuntamento che ingolosisce i retroscenisti politici ben al di là del merito della discussione sul futuro dell'Unione Europea. Già la presenza dell'ex premier, acerrimo nemico del leader Pd, è valutata come un segnale politico. Nel 2013, Letta - forte di una lunga amicizia coltivata con Comunione e Liberazione nel nome della «sussidiarietà» - era a Rimini da premier delle larghe intese. E il suo intervento fu letto come un'apologia di quel compromesso da unità nazionale, dopo il flop di Pier Luigi Bersani alle elezioni del 2013: «Dobbiamo far vincere la forza fecondatrice dell'incontro. L'incontro vince sempre sul conflitto, occorre vincere la logica dello scontro elettorale basato sulla paura che vinca l'altro o sulla propria superiorità morale», disse. Domenica prossima tocca invece a Gentiloni, e ci saranno orecchie attentissime ad ascoltarlo. Il premier sarà attento, anche in questo caso, a non venir meno al rapporto di lealtà con il leader del suo partito. «Volerà alto», promettono i suoi, e i riferimenti all'attualità politica saranno pochi e misurati. Ma intorno al premier indicato da Renzi si sta coagulando un vasto e trasversale fronte che vede in lui la più rassicurante alternativa al protagonismo del segretario Pd. E che punta su di lui anche per la prossima legislatura, come possibile baricentro di una nuova stagione di larghe intese. Lo loda Silvio Berlusconi («È una persona cordiale, gentile... Da qui il nome Gentiloni. A me piace», ha detto qualche tempo fa, facendo irritare Matteo Salvini), lo celebra l'aspirante leader della sinistra extra-Pd Giuliano Pisapia: «Gli riconosco capacità di ascolto e di dialogo, oltre alla sensibilità umana e politica», afferma l'ex sindaco di Milano. E una larga fetta del Pd guarda a lui come possibile argine al ritorno in campo di Renzi.

Senza contare il presidente Mattarella, con il quale il premier ha in questi mesi costruito un rapporto assai saldo: «E sarà lui a dare l'incarico per formare il prossimo governo», fa notare un anti-renziano del Pd.

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