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Antifascisti di professione. In piazza cori anti foibe

A Macerata i soliti che sfilano da 20 anni. Pamela già dimenticata, insulti per la tragedia degli esuli

Antifascisti di professione. In piazza cori anti foibe

Contro i fascisti. Contro i razzisti. Qualcuno contro il buon gusto. Qualcun altro contro il dimenticatoio nel quale era piombato. Quasi tutti contro il Pd. «Le strade sono di chi ama», recita il cartello di una manifestante tra gli almeno 10mila che ieri hanno circondato Macerata sfilando lungo le mura nel corteo antirazzista e antifascista nato in seguito all'attacco agli immigrati di Luca Traini, una settimana fa. Ma tra tanti manifestanti pacifici (nemmeno l'ombra di un incidente, nonostante la paura che ha fatto ritrarre la città in se stessa, con il centro deserto e gran parte dei negozi chiusi), non poteva mancare qualcuno che invece odia e che, magari, in strada era meglio che non ci andasse. Qualcuno che, sotto le bandiere «antifa» con la sigla Action Antifaschistische, ha pensato bene, proprio nel giorno del ricordo, di cantare sulle note della Carrà «ma che belle son le foibe da Trieste in giù». Per fortuna il gruppetto, arrivato dal Nord Est, non ha fatto proseliti nel resto del corteo. Che ha diligentemente completato il periplo delle mura di Macerata partendo e arrivando ai giardini Diaz. Proprio il luogo dove il fato ha cambiato verso per Pamela, che lì - nella centrale dello spaccio della città marchigiana - ha incontrato la mattina del suo ultimo giorno di vita Innocent Oseghale. E proprio arrivando ai giardini, per la prima volta nel corso della manifestazione, il corteo giunto al traguardo ha ricordato la ragazza romana uccisa la scorsa settimana. Quando una militante di «non una di meno» ha dedicato il suo intervento alla 18enne, definita «vittima di un delitto truce ma strumentalizzato». Per il resto tanti striscioni, anche per Jennifer, Omar, Gideon, Mahamadou, Wilson e Festus, i migranti feriti dal pistolero Traini, e tante bandiere. Da quelle dei No Tav a Libera, Usb, Arci, Anpi, Potere al Popolo, Emergency, Fiom, Rifondazione comunista. E poi, appunto, quelli che «a volte ritornano». Come il disobbediente Luca Casarini e il «sovversivo a tempo pieno» Francesco Caruso, riemersi dalle nebbie della memoria no global per l'occasione, ansiosi di esserci di nuovo a quasi un ventennio di distanza dagli esordi come enfant prodige dell'antagonismo italico. In fondo a loro agio in un corteo dove non sono mancati i momenti di inevitabile nostalgia anni 70, tra slogan datati, hasta la victoria siempre, associazioni tra fogne e fascisti e cori delicati e non violenti come «i covi fascisti si chiudono col fuoco, con i fascisti dentro sennò è troppo poco».

Ma non c'era solo l'aria di revival ad animare la gente in marcia nella manciata di chilometri intorno al centro storico di Macerata, sotto un cielo plumbeo in questo sabato di gelo. E non c'erano nemmeno soltanto le istanze antirazziste e gli slogan contro fascisti e leghisti. Tra Gino Strada e Cecile Kyenge, Pippo Civati e Nicola Fratoianni, Sergio Stano e Adriano Sofri, migliaia di persone sembravano stare lì a certificare la frattura ormai insanabile interna alla sinistra. Perché per il corteo di ieri il Pd, il suo segretario Matteo Renzi e il contestatissimo ministro dell'intero Marco Minniti (che si era opposto alla manifestazione) sono «praticamente della stessa pasta di Salvini», come dice al microfono un esponente dei centri sociali, applauditissimo. Il partito portabandiera del centrosinistra qui è l'avversario, e Renzi è il politico che considera «antifascismo e antirazzismo solo parole da utilizzare per mero opportunismo, magari sotto elezioni, magari mentre poi si promuovono politiche di destra e si cerca di tappare la bocca a manifestazioni come questa», ringhia Lidia, arrivata qui da Senigallia «alla faccia del ministro dell'interno che ci aveva pure minacciato». Ma fila tutto liscio.

E con il tramonto va in archivio anche il corteo che Macerata, ferita, temeva al di là del ragionevole. Gli incidenti invece ci sono stati, ma altrove nelle 150 piazze che ieri si sono accodate all'appuntamento antifascista in tutta Italia, sotto la sorveglianza di 4.000 uomini delle forze dell'ordine.

A Milano, alla manifestazione voluta da Liberi e uguali, dove la presidente della Camera Laura Boldrini è stata contestata da una parte della piazza.

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