Cronache

"Antinori mi disse: sono potente se mi denunci ti faccio uccidere"

Il gip: "Comportamenti spregiudicati per massimizzare i profitti". La donna: "Le sue parole furono: Può esploderti l'utero". Il medico: "Solo un complotto"

"Antinori mi disse: sono potente se mi denunci ti faccio uccidere"

La 24enne infermiera spagnola alla quale Severino Antinori, ora agli arresti domiciliari a Roma, avrebbe «prelevato 8 ovuli contro la sua volontà» sarebbe stata «afferrata e spinta contro il muro con la forza, trascinata per le braccia fino alla sala operatoria e rivestita con il camice. Malgrado implorasse piangendo di non essere sottoposta all'intervento, veniva messa sul lettino (...) e totalmente sedata, mediante un'iniezione al braccio». È la sintesi di quanto denunciato dalla vittima riportata nell'ordinanza degli arresti domiciliari disposti per il ginecologo accusato, assieme alle sue due collaboratrici di rapina pluriaggravata, di ovuli e del cellulare della ragazza, e di lesioni dolose aggravate.

Il gip, che ritiene «connotate da completezza e specificità e dotate di logicità ed intrinseca coerenza» le dichiarazioni della infermiere, ha ricordato anche che la giovane, al suo risveglio e dopo essere riuscita ad avvertire le forze dell'ordine, sarebbe stata minacciata da Antinori. Il medico, «in attesa dell'arrivo della polizia» le avrebbe detto «che, possedendo molto denaro e potere, avrebbe incaricato alcune persone di ucciderla». Tesi che Antinori rigetta indignato: «Sono vittima di un ricatto. Di un complotto. E della vendetta di una donna che ha tentato di adescarmi e di farsi assumere nella mia clinica. L'intervento è stato effettuato col suo pieno consenso, così come dimostrato dai moduli da lei firmati. Le ferite? Se l'è procurate da sé». Lei, l'infermiera, in questa specie di film horror a sfondo sanitario, sta ricoprendo per ora il ruolo di «vittima»; mentre il ruolo di «carnefice» è tutto per lui: Antinori, alias «dottor clonazione». L'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip spiega il «movente» con la seguente motivazione: «L'impellente bisogno di reperire ovociti, idonei all'immediato impianto nell'utero delle clienti, nell'esclusiva ottica della massimizzazione del profitto». Insomma, guadagnare più soldi possibile. E per farlo il ginecologo e le sue assistenti sarebbero arrivati «a comportamenti spregiudicati, giunti sino al prelievo forzoso, mediante la violenta privazione della libertà personale».

Il provvedimento che ha portato agli arresti domiciliari il medico specializzato in fecondazione assistita abbonda di particolari cui si fa fatica a credere. Ad esempio, per «convincere» l'infermiera della necessità di sottoporsi a un intervento chirurgico per le cisti ovariche, il ginecologo le avrebbe paventato l'ipotesi che, in assenza dell'operazione, il suo utero sarebbe «esploso». Dall'esame sarebbe emersa la presenza di un'altra ciste, «rimuovibile mediante l'assunzione continuativa di alcuni farmaci, per iniezione, così da evitare l'operazione chirurgica». Il medico avrebbe quindi provveduto «personalmente a iniettare ogni giorno tutti i medicinali nel corpo della vittima». «Informata poi dall'Antinori - si legge ancora nell'ordinanza - circa la necessità di una semplice operazione chirurgica in anestesia locale, pena la esplosione dell'utero, e insospettitasi in ragione delle precedenti rassicurazioni in merito alla sufficienza della terapia farmacologica, la donna si allontanava dal luogo di lavoro, rifugiandosi in albergo, al fine di fare ritorno in Spagna». Stando alla ricostruzione della Procura, sarebbe poi stata convinta da una delle collaboratrici di Antinori delle «buone intenzioni» del medico. Il giorno seguente sarebbe stata «sottoposta all'espianto di ovuli contro la sua volontà». Ora spunta anche la registrazione della telefonata con cui, al suo risveglio, dopo l'intervento, l'infermiera ha chiesto soccorso alla polizia. La chiamata proveniva da un telefono fisso dopo che la donna si era accorta di non avere più il telefonino. Una chiamata definita «drammatica» in cui la 24enne non sarebbe riuscita a farsi capire in quanto parla spagnolo. Solo grazie a un interprete ci si è resi conto di quel che era accaduto e si è così potuto soccorrerla.

Intanto, sul fronte indagini, è imminente l'interrogatorio di garanzia per rogatoria davanti al gip di Roma. Stando ai suoi legali, l'indagato (che si è paragonato a «Enzo Tortora» ndr) «non vede l'ora di spiegare come siano andati i fatti e come la tesi della Procura di Milano non abbia alcun fondamento».

La Procura replica: «Abbiamo prove schiaccianti».

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