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Le armi letali dei jihadisti: money transfer e prepagate

Con diecimila euro i terroristi fanno 4 miliardi di danni. Il Fondo monetario rivela i canali di finanziamento. Il pm antimafia: «Imporre alle agenzie sede legale in Italia»

Le armi letali dei jihadisti: money transfer e prepagate

Non solo le code in aeroporto, le intercettazioni a strascico, i mitra spianati in metropolitana, i nostri Dna schedati. La sacrosanta esigenza di sicurezza è destinata a rubarci un altro pezzetto di libertà: quella finanziaria. Attentati come quello di Bruxelles organizzati con diecimila euro provocano 4 miliardi di euro di danni (stima di un esperto della banca Ing). Il tema dei finanziamenti al terrorismo è tornato centrale anche nel vertice Ue dei ministri degli Interni e della Giustizia che, all'indomani dell'attentato, ha soprattutto rivelato che molte delle misure decise dopo i fatti di Parigi sono ancora inattuate.

Nicola Piacente, procuratore capo di Como e consulente anti terrorismo del Consiglio d'Europa, lancia l'allarme sui canali di finanziamento delle organizzazioni terroristiche: «A livello europeo - ha detto a Radio1 Rai - scontiamo un deficit di indagine su questo fronte». Ma ancor più complesso è tracciare il finanziamento delle singole cellule islamiste, cui bastano pochi spiccioli per colpire con effetti devastanti: «Una cintura da kamikaze costa poche centinaia di euro», sottolinea Piacente. Nonostante lo sforzo di sorveglianza delle autorità finanziarie, che in Italia hanno già l'expertise derivata dalla lotta alle mafie, ci sono lati ciechi del sistema che i terroristi riescono a sfruttare. «Ci sono persone in Siria e in Iraq che sono riuscite a fornire somme di denaro per comprare le armi e affittare le auto - ha detto a Linkiesta Ludovico Carlino, senior analyst del centro di studi strategici e militari Ihs Jane's di Londra -. Così è avvenuto in passato, come a Parigi, ed è mia opinione che anche a Bruxelles sia questo il caso».

Le accuse si concentrano soprattutto sui money transfer, quei negozietti che spuntano dappertutto anche nelle periferie italiane e che servono agli immigrati a inviare a casa parte del proprio denaro, ma che sono diventati anche i migliori amici dei malintenzionati. Le transazioni in questi centri sono difficilissime da monitorare: non si sposta il denaro, perché i singoli centri inizialmente compensano sulla carta il dare e l'avere tra di loro. Quando poi versano i profitti sui propri conti correnti, è sparito il legame con il cliente che li ha generati. Hanno tutti sedi all'estero, inarrivabili per i nostri investigatori.Ed ecco spiegato l'appello lanciato dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo: «È un fenomeno enorme - accusa Franco Roberti - , sfuggono quasi completamente ai nostri controlli perché sono domiciliati all'estero. Sarebbe molto importante avere una norma che impone ai money transfer la sede legale in Italia». L'altro canale nel mirino degli investigatori è quello delle carte prepagate. Si possono caricare con piccole somme, qualche migliaio di euro, ma poi possono essere usate da chiunque. Infine c'è il caso 500 euro: la Bce si prepara ad abolirli, perché potrebbero essere usati per muovere grandi quantità di denaro.«L'Italia ha un quadro normativo forte in materia di riciclaggio e finanziamento al terrorismo - sostiene un recente rapporto del Fondo monetario internazionale - ma deve anche far fronte a un quantitativo particolarmente alto di profitti da attività illegali». L'Fmi elenca tra gli altri evasione fiscale, corruzione, contraffazione. Centinaia di miliardi sempre in cerca di vie per ripulirsi.

E in un mare così vasto vai a pescare i pesciolini che bastano a sfamare i terroristi.

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