Economia

In arrivo la lista nera dei paradisi fiscali

Entro luglio 2017 saranno predisposte anche le ritorsioni commerciali contro i Paesi «cattivi»

In arrivo la lista nera dei paradisi fiscali

La stangata ad Apple ha tenuto banco al G-20 di Hangzhou, Cina, spingendo gli Stati intervenuti a cercare nuove soluzioni che evitino future guerre fiscali e ad impegnarsi, concretamente, nella compilazione di una black list di paradisi fiscali da colpire con ritorsioni commerciali.

Pochi giorni fa, Bruxelles ha chiesto all'Irlanda di farsi restituire dal colosso di Cupertino 13 miliardi di euro di tasse non pagate tra le proteste di Washington e della stessa Dublino. Il caso, per l'entità dell'ammontare, le legislazioni coinvolte e per il rischio che quello di Apple sia solo il primo di altri casi esemplari (sono attese decisioni su Amazon e Google), ha riportato al centro della discussione la necessità di una maggiore trasparenza fiscale e di un miglior coordinamento interazionale.

In questo scenario, i rappresentati delle venti maggiori economie mondiali, per la prima volta, hanno messo nero su bianco l'esigenza di una chiara lista di Paesi che non collaborano alla lotta contro l'evasione, contro cui adottare adeguate ritorsioni commerciali. Il G20 ha incaricato l'Ocse (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) di compilare la lista, pronta all'uso nel G20 del luglio del 2017. «Chiediamo all'Ocse di dare conto ai ministri delle finanze e ai governatori delle banche centrali, entro il giugno 2017, dei progressi raggiunti dalle giurisdizioni in materia di trasparenza fiscale» si legge nella dichiarazione finale del vertice che poi prosegue chiedendo all'istituzione di predisporre «una lista dei Paesi che non hanno fatto abbastanza progressi per raggiungere un livello soddisfacente nella messa in campo delle norme internazionali in tema di trasparenza fiscale».

Il plauso, almeno a parole, è stato unanime. Gli intervenuti al G20 hanno parlato di un messaggio «molto forte». La difficoltà però, una volta predisposta la black list dei Paesi con una politica fiscale elusiva, sarà quella di mettere in pratica le sanzioni previste.

«La ricerca di un regime trasparente che permetta uno scambio uguale dal punto di vista fiscale è ormai un fatto acquisito e un capitolo importante dell'agenda del G20», ha evidenziato Pier Carlo Padoan. Il ministro dell'Economia ha sottolineato che così «è stato rafforzato un importante segmento della cooperazione economica internazionale». D'altro canto il presidente Usa Barack Obama, pur avendo lanciato una frecciata ai partner internazionali di Washington colpevoli, in passato, di aver contribuito a «una corsa al ribasso» nelle politiche fiscali, si è detto favorevole a un maggiore cooperazione. «Stiamo facendo un mucchio di cose in casa nostra e vogliamo coordinarci a livello internazionale», ha spiegato Obama aggiungendo: «L'unica cosa che serve è fare in modo che ci si muova di concerto con gli altri Paesi, perché c'è sempre il pericolo che, se si agisce unilateralmente, a essere influenzata è la capacità di riscuotere le tasse da una singola multinazionale». L'obiettivo per Obama è «riconquistare la fiducia» delle persone che pensano che il sistema sia truccato.

Il documento conclusivo del vertice si è poi concentrato su temi più tradizionali legati alla necessità di sostenere, in un momento come questo di stagnazione internazionale, una crescita che, quanto meno nelle intenzioni, deve essere «inclusiva, solida, sostenibile e capace di creare occupazione».

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