Politica

Asse Sala-Colle per contrastare i sovranisti

Asse Sala-Colle per contrastare i sovranisti

Milano Visto da piazza della Scala, lo scontro è fra Milano e i «barbari». E nel dirimpettaio Palazzo Marino, sede del Comune, il sindaco Beppe Sala starebbe accarezzando l'idea di combattere in campo aperto, mettendosi alla testa di un fronte europeista e liberal-democratico tutto da costruire, ma in ogni caso alternativo ai populisti. A metà mandato, non è ancora certo che Sala voglia fare il bis. Le grane sono infinite e le gratificazioni relative. La dimensione nazionale è una tentazione forte e la calcolata intemperanza con cui il sindaco un mese fa è sbottato contro Luigi Di Maio e le sue chiusure domenicali («non rompete le palle a Milano») è un test riuscitissimo in vista del possibile salto.

I tempi sono decisivi. Se i gialloverdi precipitassero in una crisi a breve, si andrebbe verso schemi più tradizionali. Ma se, contro i pronostici, l'accoppiata Matteo Salvini-Luigi Di Maio riuscisse a restare salda in sella anche dopo le Europee qualcuno dovrà pur muoversi, e rimettere insieme pezzi di un Pd in dissolvimento. In questa suggestione Matteo Renzi non sarebbe contemplato ma i renziani sì, e chiunque altro non punti solo a rifare il Pds.

Tutto dipenderà dai prossimi mesi, ma l'altra sera a Milano è successo qualcosa. La Scala ha tributato un'ovazione al presidente della Repubblica e si è capito che non era solo un saluto alla sua prima «Prima», c'era qualcosa di più e il sindaco ha cercato di cavalcarlo. «Sono tempi da barbari» ha detto, e a proposito del presidente «è importante avere alleati vicino a noi che condividono il nostro modo di essere». Il nostro «modo di essere», dunque.

È chiaro che la Scala non rappresenta tutta Milano. Non solo: Milano ora non rappresenta tutta l'Italia, anzi mai come adesso sembra un Paese a sé: qui i 5 Stelle qui sono un corpo estraneo e anche la Lega finora ha faticato, tanto che il Comune nel 2016 se lo sono giocato due manager liberali come Sala e Stefano Parisi. Oggi Milano pare un'enclave assediata dai «barbari» appunto. Ma è vero anche che una vecchia regola della politica italiana vuole che la «capitale morale» anticipi gli umori del Paese producendo le sue novità più dirompenti.

Bisogna capire se la regola vale ancora e se la novità non sia Salvini. Il punto è questo: la città europeista che applaude Mattarella, quella che vede Sala, è l'ultima ridotta di un'Italia che non c'è più o un laboratorio della prossima?

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