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"Aventino" o scontro aperto? Maggioranza nel vicolo cieco

Grillini e Pd decideranno nel pomeriggio se disertare la riunione. Renziani «garantisti», ma solo in giunta

"Aventino" o scontro aperto? Maggioranza nel vicolo cieco

Mi si nota di più se vengo e mi astengo o se non vengo per niente? Il parallelo con l'abusata frase morettiana non è mai stato così azzeccato come nel caso Gregoretti. Perché alla fine il merito della vicenda della nave dei migranti è sparito sullo sfondo. A decidere che linea tenere sarà solo il (presunto) riflesso sul consenso.

Lo scontro partito in sordina ha avuto un'eco tale che le posizioni si sono confuse e poi scambiate. La Lega pare davvero decisa a dare il via libera per mandare Salvini a processo. La scelta di Matteo, ha spiegato Giancarlo Giorgetti in tv da Lucia Annunziata «è un atto di coraggio», che serve a «mette fine a un tormentone». Già perché l'attacco giudiziario al leader leghista, arrivato al secondo capitolo dopo il caso Diciotti, è una realtà con cui bisogna fare i conti. E la convinzione dello stato maggiore del Carroccio è che «la maggioranza dei cittadini sta dalla parte di Salvini».

La maggioranza, vorrebbe vedere il «capitano» alla sbarra, ma è disposta a mandarcelo solo dopo il voto in Emilia, è rimasta impigliata nella rete dei regolamenti. E ora la situazione si è ingarbugliata all'inverosimile.

I giallorossi decideranno la linea da tenere solo all'ultimo, con una riunione nel primo pomeriggio, poco prima della convocazione della giunta. I tatticismi sono esasperati, ma l'ipotesi più probabile in campo resta quella di disertare i lavori, anche per protestare con la gestione del presidente Maurizio Gasparri, il quale però continua, regolamento alla mano, a respingere ogni attacco. In fondo, si ragiona tra i 5 stelle, così Salvini otterrà una «condanna» da sbandierare, ma non potrà accusare i giallorossi di averla emessa. Si dice che il senatore delle Autonomie, Luis Durnwalder, marcherà visita. Resta in bilico solo la posizione di Gregorio De Falco, il senatore che già nel caso Diciotti si era schierato apertamente per il processo a Salvini. L'ufficiale della Guardia costiera è difficile da addomesticare ed è ormai fuori dal M5s, ma nei giorni scorsi si è allineato al resto della maggioranza. In ogni caso, il labirinto dei regolamenti lascia aperto un margine di incertezza sull'esito finale. Il senatore Mattia Crucioli, furente perché gli è stato negato dalla giunta un approfondimento sugli effetti della permanenza a bordo sulla salute dei migranti, dà un indizio: «Decideremo in giornata, ma va detto che andrà tenuto conto della posizione di Salvini, che ha rinunciato all'immunità».

Paradossalmente è più facile prevedere cosa succederà dopo. La decisione della giunta fornisce solo un parere tecnico: la scelta finale spetta all'aula, che andrà convocata per votare, ma dopo il voto in Emilia Romagna. A quel punto gli schieramenti saranno più trasparenti. Luigi Di Maio ha già detto chiaramente che per lui il caso Gregoretti non è come il caso Diciotti, per cui Salvini va processato. Cessate le esigenze tattiche, i 5 stelle non potranno salvare il «capitano» per la seconda volta: già la prima rischiarono una rivolta tra i parlamentari e nella base. E se pare chiaro che Forza Italia e Fratelli d'Italia, come hanno spiegato Anna Maria Bernini Giorgia Meloni, intendono mantenersi coerenti nel «no» al giudizio per l'alleato, il pallino resterà in mano al Pd. Italia viva ribadisce la posizione garantista, ma per ora solo in giunta. Zingaretti che ha smentito l'intera storia del Pd dicendo che «gli avversari si sconfiggono con la politica e non con le manette», alla fine dovrà fare i conti con l'elettorato. Le amate sardine hanno già dato pollice verso a Salvini.

Difficile che il Pd le deluda. Resta una sola incognita: e se nel frattempo l'Emilia si scoprisse non più rossa?

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