Cronache

La banda dell'Audi gialla "tutelata" dalle nostre leggi

La gang che terrorizza il Nord est immortalata dai video. Le telecamere "leggono" le targhe ma non sono collegate alla banca dati del Viminale

La banda dell'Audi gialla "tutelata" dalle nostre leggi

Varie rapine, forse un tentativo di sequestro di persona, sparatorie con polizia e carabinieri. Da una settimana il curriculum criminale della «banda dell'Audi gialla» si sta arricchendo di ora in ora. Il Nord est ostaggio di tre o quattro banditi che spadroneggiano tra Venezia, Treviso, Padova e Vicenza. Identica la sceneggiatura: prima il «colpo» armi in pugno, poi la fuga a bordo del loro bolide giallo. Vano, finora, ogni inseguimento. Quella dannata auto è troppo veloce. Pare sfiori i 300 km orari. Addirittura contromano sulla tangenziale di Mestre. Fatto sta che questa dell'inafferrabile «gang della supercar» sembra ormai la trama tragicomica di uno di quei film «poliziotteschi» degli anni '70 interpretati da Maurizio Merli nel ruolo del commissario Betti. Un titolo per tutti: «La polizia ha le mani legate». Da allora sono trascorsi oltre 40 anni, ma la polizia continua ad avere le «mani legate». Colpa di leggi inadeguate, ma - paradossalmente - anche di tecnologie non sfruttate adeguatamente.

Partiamo dalle norme. Significativa la denuncia di Giordano Biserni, presidente dell'Asaps (Associazione amici polizia stradale) che, a proposito della gang di criminali albanesi, fa una denuncia ben precisa: «Al momento anche se questi malviventi venissero bloccati a bordo del loro bolide rubato risponderebbero appena di ricettazione della macchina e qualche eccesso di velocità, null'altro...». Insomma roba da ritiro di patente (ammesso che l'abbiano mai avuta), mica da galera. Una realtà che fa sgommare di rabbia il popolo del web: «Delinquenti che si sentono intoccabili, tanto da prendersi gioco di noi...», «Assurdo giocare a fare i garantisti anche con questa gentaglia...». Eppure le tecnologie per beccarli ci sarebbero. Sul fronte velocità, la polizia ha pensato bene di mettere (è proprio il caso di dirlo) in pista le sue due Lamborghini Huracan, le uniche in grado di potere tener testa all'Audi dei criminali immortalati finora da decine di telecamere di sicurezza, ma senza risultato.Altro che «siamo tutti spiati», qui la fa franca chiunque, anche chi fa «ciao ciao» alla telecamera mentre delinque.

Cosa succederebbe se su quell'auto ci fossero dei terroristi? Un'Audi gialla con targa svizzera non è proprio un ago nel pagliaio della rete viaria italiana. La verità è che il sistema di telecamere installate sulle nostre strade si fa sempre più evoluto, ma è costretto allo strabismo dalla solita burocrazia e dalla mancanza di una vera strategia per la sicurezza. Basti pensare al «tutor» in autostrada, il sistema che legge le targhe di chi corre troppo. Fin dall'inizio ha dovuto fare i conti con gli scrupoli sulla privacy. Solo dallo scorso dicembre, grazie a un emendamento alla legge di Stabilità, è autorizzato a incrociare i numeri di targa con le banche dati della Motorizzazione, per segnalare veicoli non revisionati o con l'Rc auto scaduta o falsa. Manca però l'autorizzazione per l'accesso all'elenco di veicoli rubati e auto oggetto di inchieste dello Sdi, la banca dati gestita dal Viminale. Lo stesso accade con i sistemi come «Easy traffic» che sempre più Comuni stanno installando soprattutto tra Lombardia, Veneto, Emilia e Friuli: telecamere in grado di leggere la targa anche di notte e avvisare in pochi secondi la polizia locale del passaggio di auto sospette come l'Audi gialla, fornendo anche la direzione di marcia dell'auto.

Anche in questo caso devono lavorare col freno tirato: per la privacy possono conservare i dati solo per sette giorni (anche se il Garante concede proroghe motivate). E soprattutto anche qui niente accesso completo alla banca dati dei veicoli sospetti, previsto dal pacchetto sicurezza Berlusconi-Maroni ma dal 2008 ancora in attesa di decreto attuativo, incagliato tra le resistenze ministeriali.E pensare che il ministro Alfano si vantò su Twitter della cattura di Claudio Giardiello, il killer del tribunale di Milano riconosciuto da una telecamera di questo tipo. Che però era del Comune di Brugherio e solo grazie a un accordo con le forze dell'ordine locale seppe della targa ricercata. Ma sono iniziative sporadiche. «Abbiamo tecnologie incredibili - dice Luigi Altamura comandante della polizia locale di Verona e rappresentante Anci - ma non ci consentono di fare rete: il caso dell'Audi conferma che è venuto il momento di cambiare».

Già, fare rete non significa solo twittare.

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