Politica

Basta politica. La scelta di Brunetta

I giochi sono finiti. Renato Brunetta ha detto basta, perché non aveva più senso andare avanti.

Basta politica. La scelta di Brunetta

I giochi sono finiti. Renato Brunetta ha detto basta, perché non aveva più senso andare avanti. A chi gli chiede del futuro, dice: «Resto dove sono. Non vado da nessuna parte». Lo fa con una lettera che assomiglia a una dismissione. Niente più politica sul fronte del palco, niente elezioni, nessun approdo da qualche parte nel «centro», nessuna maschera moderata o liberale da indossare. «Nessuna partigianeria». È tempo di scendere e di occuparsi di Venezia, la sua città, e della sua famiglia. «I grandi amori della mia vita». Ora comincerà a contare i giorni da ministro che mancano alla fine. Qualcuno nei labirinti della pubblica amministrazione magari brinderà, altri riconosceranno che il suo lavoro lo ha fatto credendoci fino in fondo, disegnando le basi di quel piano nazionale di ripresa e resilienza che alcuni suoi colleghi hanno disertato. Il governo Draghi è stata la sua ultima avventura, fino a diventare la bandiera delle sue illusioni. Non è andato tutto come sperava e sul finale ha rotto con il suo leader storico, a cui rimprovera di aver smarrito la rotta di Forza Italia. La realtà è che da tempo avevano visioni diverse e questo capita nella vita quotidiana e ancora di più in quella politica. Nella sua lettera al futuro dice molti grazie, ma c'è un vuoto che un po' tradisce il suo passato. Non ci ha fatto i conti. Non c'è una parola su Berlusconi, rimosso, dimenticato. «Nessun rammarico e nessun rimpianto, semmai un po' di dolore». Il suo orizzonte a ritroso non supera l'anno e mezzo. «Grazie a Mario Draghi. Questi diciotto mesi sono stati un sogno collettivo». La realtà di ognuno però è diversa e come spesso accade pesa di più. Quel patto di maggioranza aveva troppe zone cieche e lo stesso Draghi qualche volta ha finto di non vederle. Errore letale. Brunetta non ha mai avuto un carattere accomodante. Non se lo poteva permettere, perché certe ipocrisie te le concedi se hai poca strada da fare. Adesso che è fuori da giochi a sinistra gli riconosceranno cultura e intelligenza, come sempre troppo tardi e dopo la resa. La sua speranza è che la politica possa tornare a essere la nobile passione dei «liberi e forti». Qualcuno sottolinea quel «rimango a disposizione del mio Paese, con le mie idee e con il mio lavoro».

Tornare, il più delle volte, non è una buona idea.

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