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La bella scoperta della sinistra: i musei per vivere devono fare soldi

La parola "manager"? Se la dice la sinistra non è più scandalosa

La bella scoperta della sinistra: i musei per vivere devono fare soldi

Una vergogna, un'assurdità, uno scandalo. Il primo passo verso la privatizzazione. L'anticamera della svendita. Il patrimonio artistico ridotto a un'industria da sfruttare. L'avanzata della McCultura nel Paese del Rinascimento. Questo era il tenore dei commenti della sinistra, dei sindacati e anche di quasi tutti i giornali quando, tra il 2008 e il 2009, il manager Mario Resca, tra le altre cose ex dirigente di McDonald's, fu nominato Direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale dall'allora ministro dei Beni culturali Sandro Bondi. Per la prima volta, con decisione, la parola «manager» veniva accostata a «beni culturali». L'idea era liberare i musei dalla burocrazia, concedere loro maggiore autonomia e spingerli a reperire fondi, anche attraverso la collaborazione con i privati. In generale, le nostre istituzioni, pur gloriose, non sembravano (e tuttora non sembrano) in grado di soddisfare le esigenze del pubblico. Adeguare l'offerta alla domanda non era un traguardo rivoluzionario, era buonsenso. La sinistra però insorse, richiamando l'Italia ai veri valori: guai ad associare i musei al denaro, l'arte al guadagno, Michelangelo ai bookshop. Contaminarsi col mercato? Mai. Che i suddetti musei facessero pure i salti mortali per non affondare nell'incuria causa mancanza di soldi. Una posizione comoda e non realistica. Il riordino del ministero, pensato da Bondi, proponeva poi di affidare la guida dei musei proprio a direttori-manager. Su questo e altri punti fu bocciato nel tripudio generale dal Consiglio superiore dei beni culturali, guidato da Salvatore Settis. Ieri il ministro Dario Franceschini ha presentato il suo piano di rinnovamento del ministero. In cosa consiste? Una maggiore autonomia dei musei, che potranno scegliersi il direttore, eventualmente chiamandolo dall'estero. Ecco (ri)spuntare la parolina dannata: «manager». Anche Franceschini infatti vuole concedere autonomia ai musei per farli fruttare. Testuale: «In Italia abbiamo miniere d'oro dappertutto con i nostri musei, il nostro patrimonio, la nostra bellezza e non le abbiamo sapute usare». L'avesse detto Bondi, o qualsiasi altro ministro del centrodestra, sarebbe venuto giù il mondo. Questa volta invece nessuno scandalo. Niente raccolte di firme. Pochi editoriali indignati sui Beni culturali che «non sono petrolio» e via predicando sulla mercificazione dell'arte. Silenzio dei sindacati. Silenzio nel Partito democratico (almeno il ministro Madia, che aveva criticato le scelte di Bondi, potrebbe battere un colpo). Tutti muti salvo pochi dissidenti confinati nelle riserve dei Venerati Maestri declassati a Soliti Stronzi. E la grande polemica del 2008-2009? Era propaganda.

Unico risultato ottenuto: paralizzare l'Italia.

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