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Berlusconi si mobilita. Vertice con i colonnelli per stoppare il blitz Pd

Il leader a Roma per contrastare la voglia di urne. Torrisi è un ex azzurro: ma non tornerà

Berlusconi si mobilita. Vertice con i colonnelli per stoppare il blitz Pd

Il clima da congresso permanente che si respira nel Partito Democratico. La sensazione che la caduta di Matteo Renzi non sia stata accompagnata dall'archiviazione del «renzismo» - ovvero quel metodo di gestione del potere all'insegna di un mix di decisionismo ed eccesso di sicurezza - e la lezione del 4 dicembre non sia stata recepita. Il sospetto che la reazione fin troppo sopra le righe da parte dei fedelissimi dell'ex sindaco di Firenze all'elezione dell'alfaniano Salvo Torrisi alla presidenza della Commissione Affari Costituzionali nasconda la volontà di rincorrere qualunque pretesto per forzare la mano e accelerare la rincorsa alle urne, se non a giugno almeno a ottobre, senza curarsi troppo della Legge di Stabilità e delle possibili ripercussioni sui mercati.

Sono questi gli umori che circolano tra Palazzo Grazioli - Silvio Berlusconi ieri è stato a Roma per alcuni incontri di natura personale, accompagnato da Niccolò Ghedini, Sestino Giacomoni e Licia Ronzulli, ma anche per incontrare alcuni presidenti di ordini professionali e fare il punto in serata sul momento politico con alcuni parlamentari - Piazza San Lorenzo in Lucina e Palazzo Madama, dopo l'incidente avvenuto 24 ore prima al Senato che ha fatto divampare per diverse ore le fiamme di una possibile crisi di governo, con una inattesa drammatizzazione di un episodio non esattamente centrale per il futuro del Paese.

Berlusconi mercoledì aveva seguito a distanza il blitz orchestrato con maestria in Commissione Affari Costituzionali da Roberto Calderoli della Lega, Loredana De Petris del Gruppo Misto della componente Sel e da Anna Maria Bernini di Forza Italia. Mentre era al Salone del Mobile si era tenuto in contatto con il capogruppo Paolo Romani, così come in precedenza era stato informato dalla stessa Bernini dell'asse trasversale che si stava formando in Commissione per bloccare il blitz renziano. A mente fredda dalle parti di Forza Italia viene giudicato «incomprensibile» l'atteggiamento di Renzi che ha spiazzato gli stessi senatori del Pd, un cortocircuito che qualcuno definisce come una sorta di «sindrome da Giucas Casella», citando il tormentone del mago-ipnotizzatore che era solito ripetere la frase: «Tu farai questo quando lo dirò io». In sostanza, ragionano i dirigenti azzurri, Renzi non si è reso conto che ormai la sua presa sia sul Pd, ma soprattutto sugli alleati, alfaniani o verdiniani che siano, si è sfilacciata e non può più essere quella di un tempo. Insomma, ragionano, nuovi tentativi di creare l'incidente di percorso magari durante la discussione sul Def, non sembrano destinati a trovare così facili sponde.

L'elezione di Torrisi non prelude, peraltro, a un passaggio del neo-presidente a Forza Italia, come viene confermato da Paolo Romani. «Non si è mai posto il problema, lo abbiamo votato per la fiducia nella persona». Di certo il voto di mercoledì mette in evidenza come il Partito Democratico rischi di non avere una maggioranza sulla propria proposta di legge elettorale in commissione Affari Costituzionali e si trovi costretto a dover aprire una inattesa trattativa sui tempi o sul merito.

Una situazione che potrebbe fare aumentare il nervosismo renziano e, secondo gli azzurri, far scattare altre offensive «ugualmente sgangherate» una volta che le primarie del Pd lo avranno nuovamente incoronato.

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