Cronaca internazionale

Biles torna in pedana. Il volteggio di Simone più in alto dei "twisties"

Nella notte di nuovo in gara a due anni dalle Olimpiadi dove si ritirò per disagi psichici

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Una voragine vuota. Non riusciva più a travestirsi da se stessa. Né a trovare il centro su cui atterrare, né a capire dove smetteva l'aria e iniziava la terra. Non era rimasto niente della diciannove volte campionessa del mondo, della ginnasta d'oro a stelle e strisce: né certezze, né tatuaggi, né gioia, né coreografie. Tutto spazzato via da quel vortice dentro la testa. Si chiama «twisties» ed è qualcosa che si intreccia, che si attorciglia su se stesso. Sembrava che Simone Biles non dovesse più riemergere dall'occhio del ciclone che l'aveva inghiottita a Tokyo due anni fa quando aveva deciso di ritirarsi per non penalizzare le compagne di squadra. Aveva iniziato a cadere durante l'atterraggio. Ad incresparsi in tic nervosi prima di ogni figura: arricciava il naso, faceva smorfie, stirava le spalle. La rabbia gutturale accompagnava ogni fine esercizio, assieme allo sgomento e alla frustrazione. «Mi sento il peso del mondo addosso» aveva cercato di spiegare e i dottori avevano confermato che sì, una cosa del genere può succedere a chi è carico di stress e di aspettative, ma avevano ricondotto la cosa anche agli abusi subiti in passato dall'atleta dal medico della Nazionale Usa, Larry Nassar (colpevole di molestie anche nei confronti di altre 160 ginnaste e condannato a 175 anni di carcere) e confessati nel 2018. Avevano avvisato che avrebbe potuto essere pericolosissimo per lei gareggiare in quello stato, con quel senso di «dissoluzione dello spazio», quella «disconnessione tra mente e corpo» che avrebbero rischiato di farle smarrire i riferimenti di spazio e di farla cadere rovinosamente. Tutto azzerato. Biles non più Biles, la sua testa se l'era portata via. Due anni di silenzio: niente più travi, inarcate a ponte, podi... soprattutto niente più doppio carpiato Yurchenko, il volteggio dannato che Simone aveva sbagliato a Tokyo.

Demoni e ombre e abissi.

Poi invece... Ieri notte Simone Biles è tornata a gareggiare agli Us Classic di Chicago. Lo aveva annunciato alla sua allenatrice Cecile Landi lo scorso marzo al ristorante, davanti a una cena messicana. Chili, jalapeno e coraggio «Sono pronta, rieccomi». Restituita a se stessa, si è sposata il mese successivo e a maggio si è detta pronta anche per un altro viaggio: quello di ritorno ai campionati. Con la testa sgombra l'ossatura sembra meno lieve. Si fende l'aria e si atterra precisi nell'unico punto esatto, nell'unica posizione corretta.

La psicoanalisi, il marito, l'allenatrice e i resilienti ventisei anni della regina tascabile. Biles schiaccia la pedana e sotterra il ruolo di vittima, si riprende la carriera e la testa. Il mondo è finalmente di nuovo in ordine, ha smesso di volteggiarle nella mente e quindi può ricominciare a volteggiare lei. Da oro, come è abituata a fare.

La farfalla d'acciaio ha ripreso il volo e sa come atterrare.

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