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La bomba Salvini devasta M5s: "Salvarlo ci costerà caro"

I Cinque stelle sono spaccati tra forcaioli e poltronisti. La corrente di Fico punta a far saltare l'asse con la Lega

La bomba Salvini devasta M5s: "Salvarlo ci costerà caro"

«Attenti perché se votiamo contro il processo a Salvini saremo solo noi ad uscirne perdenti». Il grido di dolore di Roberta Lombardi rompe la cappa di silenzio in cui sono piombati i Cinque Stelle, alle prese con l'atroce dilemma del caso Diciotti.

Un dilemma «lose-lose»: se - contraddicendo i suoi «valori identitari», come li chiama la Lombardi, ossia il forcaiolismo - i grillini voteranno come chiede la Lega, ossia per respingere la richiesta di processo e salvare da una possibile condanna il ministro dell'Interno, pagheranno un grave prezzo di immagine e - quel che più temono - elettorale. Se invece voteranno sì, metteranno a rischio il governo e - quel che più conta - le loro poltrone. Come uscirne? Per ora, l'unica strategia è quella di prendere tempo, rinviare le decisioni e confondere le idee alla propria base.

Ma i mal di pancia interni minacciano di tracimare, e l'ala anti-Di Maio approfitta del caos per farsi sentire e denunciare chi - come il vicepremier - è disposto a qualunque compromesso pur di tenere in piedi l'alleanza con Salvini e l'esecutivo. Ecco dunque Carletto Sibilia (corrente Fico) che annuncia: «Se il caso va in aula noi voteremo assolutamente sì al processo». Ecco la «dissidente» Paola Nugnes che minaccia: «Se si deciderà di votare no al processo, non escludo di abbandonare i Cinque Stelle». E su Salvini è drastica: «Per propaganda si è andati oltre ogni prerogativa politica, quindi ci sono tutti gli estremi per processarlo e, forse per condannarlo».

Ed ecco l'invettiva della Lombardi (fatta fuori dal governo), che avverte: «Respingendo la richiesta di processo il M5s apparirebbe come quello che ha immolato se stesso sull'altare del governo del cambiamento, mentre Salvini come colui che, duro e puro fino alla fine, si è immolato sull'altare della Patria contro l'invasione scafista. E alla fine a dettare la linea, quando ormai sarà troppo tardi, saranno i nostri elettori».

Salvini però, e con lui tutta la Lega, hanno posto ormai un aut-aut. «Bisogna capire se il Parlamento condivide o no le politiche del governo», dice il governatore friulano Fedriga. Se i Cinque Stelle non salveranno il leader del Carroccio dal processo, si assumeranno la responsabilità di bocciare l'esecutivo, e aprire la crisi. Il voto su Salvini diventa insomma un vero e proprio voto di fiducia: non a caso Conte e Di Maio, i primi che salterebbero per aria, stanno disperatamente cercando di piegare il partito verso il «no» ai magistrati.

Ma la strada è ripida. «Una memoria del governo? Qui non è arrivata nessuna memoria». Maurizio Gasparri, presidente della giunta per le immunità che entro il 22 febbraio dovrà pronunciarsi, smonta così il nuovo bluff con cui i Cinque Stelle, alla disperata ricerca di un'uscita di emergenza dal vicolo cieco, hanno cercato di confondere le acque. Uno dei loro sette membri della giunta, il forcaiolissimo Giarrusso, aveva infatti solennemente annunciato ieri mattina, come grande svolta, il deposito di una sorta di dichiarazione di correità firmata da Conte, Di Maio e dall'inneffabile Toninelli: sulla Diciotti abbiamo deciso insieme, quindi processateci tutti o - molto meglio - non processate nessuno.

Un'iniziativa «senza precedenti», dice Gasparri, e che secondo le opposizioni sarebbe semplicemente irricevibile: «Il soggetto della richiesta dei magistrati, e quindi il nostro unico interlocutore, è Salvini. Il quale tra una settimana sarà ascoltato dalla giunta e potrà introdurre qualsiasi elemento difensivo ritenga necessario. Altre cose sono complicazioni inutili», spiega Gasparri. Niente «memorie» del governo, insomma: si voterà sì o no su Salvini.

E i grillini dovranno scegliere apertamente se salvarlo, o affondare con lui.

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