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Le bombe americane, brutta idea per la Libia

Senza truppe di terra l'Italia rischia una nuova ondata di profughi Tra le vittime del raid aereo anche due serbi rapiti dai jihadisti

Le macerie dopo lo strike americano ad ovest di Sabrata, in Libia
Le macerie dopo lo strike americano ad ovest di Sabrata, in Libia

Gli americani hanno cominciato a bombardare la Libia. È una buona notizia? Non ne sono sicuro. I bombardamenti degli americani in questi anni hanno portato solo guai e non hanno risolto niente. Infatti sono sempre state azioni, prima con Bush jr e ora con Obama, condotte in assenza di una qualsiasi strategia efficace per garantire stabilità e un minimo di pace interna nei Paesi oggetto delle attenzioni statunitensi. C'è bisogno di ripercorrere la parabola tragica dell'Iraq? Il regime di Saddam, dittatoriale e crudele finché si vuole, ma dove vigeva una libertà religiosa autentica, è stato sostituito da un altro che, in mano agli sciiti filo-iraniani, ha spinto i sunniti e gli ex ufficiali sconfitti e umiliati nelle file prima di Al Qaida e ora dell'Isis. In Siria gli americani hanno addestrato e bombardato dalla parte sbagliata, come in Libia nel 2011, in concordanza di intenti anti-italiani contro i francesi.I bombardamenti non risolvono niente. Creano panico. Ammazzano indiscriminatamente, per chirurgici che possano essere. Come dimostra la morte di due ostaggi serbi in mano all'Isis denunciata dal governo di Belgrado (se fossero stati americani non sarebbe successo). Notiamo un fatto. In coincidenza con questo blitz di droni e missili contro quell'acquartieramento dell'Isis, sono sbarcati in Sicilia, con il tragico accompagnamento di morti annegati, nuovi immigrati, profughi di guerra, ovvio. Come fai a dire che non sono profughi di guerra dopo che piove fuoco dal cielo? L'alternativa non è il lassismo. Lasciare che il falso Califfo espanda i suoi possedimenti e armi e attentati contro di noi sarebbe un suicidio. Nessuno spirito di Monaco, quella che i tecnici chiamano appeasement. Con il male assoluto non c'è tolleranza possibile. E allora?Anzitutto, in perfetta amicizia con Obama, bisognerebbe sinceramente correggerlo ed impedirgli di ripetere i suoi errori. Ne abbiamo il diritto.

La Libia è una questione italiana, almeno dal 1911, quando la invademmo per prenderci un bottino amarissimo. Oggi il rischio è rovesciato, il pericolo è un'invasione di una massa ingentissima di profughi. Che accada o no dipende dall'Italia e dal tipo di strategie diplomatiche e militari che il nostro governo saprà convincere gli alleati e specialmente gli americani ad adottare. Ora che c'è un accordo di massima tra i due governi di Tobruk e Tripoli, si tratta di sradicare dal golfo di Sirte la presenza delle milizie dello Stato Islamico. L'unico tipo di approccio sensato è di procedere con truppe sul terreno. Ci saranno costi umani, purtroppo. Meno però di quelli che provocherebbe una sequenza di bombardamenti a tappeto, con spostamenti di tribù, movimenti di popoli che si riverserebbero sulle coste e poi a casa nostra, con le frontiere bloccate dai muri austriaci sul Brennero.Razzi e bombe provocherebbero massacri di civili e devastazioni di città, villaggi e territorio con la conseguente fuga di masse disperate che prenderebbero la via del mare e cercherebbero approdo sulle nostre coste senza la prospettiva del ritorno in patria. Le truppe su cui può oggi contare il Califfo sono costituite da circa cinquemila combattenti, dei quali il 90 per cento è stato attratto dalla paga di mille dollari al mese assai più che dagli ideali deliranti del terrorismo islamico. Dunque è facile prevedere che molti abbandonerebbero, in presenza di un'offerta migliore, i comandanti dell'Isis. Questo è il lavoro sporco dell'intelligence: comprarsi le tribù, comprarsi il comprabile tra i mercenari.Ci sono voluti sei anni per costruire un trattato di amicizia dell'Italia con Gheddafi, un dittatore, che però, con tutti i difetti di un raìs beduino, garantiva equilibrio e una certa prosperità alle cento tribù di Tripolitania e Cirenaica. Soprattutto si era impegnato, e aveva cominciato a farlo, a contenere in modo umanitario, con il sostegno nostro e dell'Europa, il flusso di immigrati dall'Africa sub-sahariana. Si può ripetere questa scelta. Garantire sicurezza sulle coste, accogliere in campi attrezzati chi si sposta dalle operazioni militari. E magari lo diciamo a Renzi informare gli italiani, prepararli a un conflitto che ci riguarda direttamente. Invece di rincorrere i matrimoni e le adozioni gay.

Se no finirà che ci adotterà il Califfo.

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