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Cambiano gli equilibri in Senato: a Renzi 11 voti in più

In Senato nasce il nuovo gruppo di Verdini. Ora si fanno i conti per il futuro della maggioranza

Cambiano gli equilibri in Senato: a Renzi 11 voti in più

I "verdiniani" ostentano sicurezza e assicurano che entro martedì della prossima settimana verrà annunciata la nascita del nuovo gruppo al Senato. Parlano di un drappello di undici persone pronte a votare le riforme costituzionali e altri provvedimenti "caldi" per il governo. Ma sui veri numeri di Palazzo Madama sono pochi quelli pronti a scommettere perché maggioranza e opposizione nella Camera Alta hanno da sempre confini piuttosto labili, come dimostrano i numerosi cambi di casacca che ci sono stati dall’inizio della legislatura e come dimostra anche quanto avvenuto in commissione Affari Costituzionali dove le pregiudiziali di costituzionalità presentate al decreto di riforma della pubblica amministrazione sono passate per un solo voto di scarto costringendo la presidente Anna Finocchiaro a scendere in campo.

Nel Pd non si è così sicuri che il gruppo dei "verdiniani" nasca davvero prima dell’estate considerando che il rinvio a giudizio di Denis Verdini potrebbe complicare non poco le cose. E senza contare che la minoranza dem da sempre dice "no" a un nuovo gruppo che sia "sostitutivo" dei voti mancanti in casa piddì. Allo stato, però, se dovesse nascere "Azione liberal popolare", potrebbe cambiare non poco i confini della maggioranza a Palazzo Madama, arrivando a diventare probabilmente l’ago della bilancia della legislatura. Contando loro, infatti, si arriverebbe ad una maggioranza di circa 183 senatori contro i 126 dell’opposizione. Sempre che i 25 dem del documento a favore del Senato elettivo restino tutti con Renzi. In soccorso del premier poi vengono considerati ora altri due parlamentari ex M5S che hanno annunciato l'adesione alla componente dell’Idv: Alessandra Bencini e Maurizio Romani (pur mancando ancora un riscontro ufficiale negli uffici del Senato della loro adesione a tale componente).

A quota 183, insomma, ci si arriverebbe sommando i 113 del Pd (che senza i 25 sarebbero però 88), i 36 di Ncd (35 se, nel frattempo, Azzollini andrà agli arresti domiciliari), gli 11 che vengono attribuiti a Verdini, i 2 di Gal (Paolo Naccarato e Angela D’Onghia) che votano solitamente con la maggioranza, e i 19 delle Autonomie. Un quadro più che buono per affrontare le riforme in calendario da settembre al Senato, che potrebbe peggiorare, però, se i 25 dissidenti del Pd non votassero e se i "verdiniani" non dovessero riuscire a fare il gruppo. La "cifra" in quel caso si ridurrebbe a 147. Il che significherebbe per Renzi non avere più una maggioranza a Palazzo Madama che è invece di 161.

In Commissione Affari Costituzionali la nascita di "Azione liberal popolare" potrebbe essere un sollievo per i dem anche se i conti sono un po' complessi. Dei 28 componenti, nove sono del Pd, tre di Ncd e due delle Autonomie. Per un totale di 14. Che, se si aggiungesse Riccardo Mazzoni (ora in Forza Italia, ma di sicuro nella pattuglia verdiniana), diventerebbero 15. Mentre l’opposizione sarebbe di 12 contando che la tosiana Patrizia Bisinella la si considera ormai in quota alla maggioranza. Ago della bilancia però resterebbero sempre i tre della minoranza dem: Walter Tocci, Doris Lo Moro e Maurizio Migliavacca. Senza i loro voti, lo scarto sarebbe risicato: 13 a 12.

Che potrebbero diventare 12 a 12 se la Finocchiaro, in quanto presidente e a differenza di oggi, non votasse.

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