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Caro ministro, abbiamo diritto alla verità

Una verità indispensabile per garantire non solo il rispetto della legge, ma anche il rispetto e la difesa dei cittadini minacciati dal terrorismo

Caro ministro, abbiamo diritto alla verità

La pantomima peggiore è quella del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Ad un'opinione pubblica sdegnata per i milioni consegnati ai rapitori di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo il ministro riserva un democristiano distillato d'ipocrisia. Alambicca sull'entità del riscatto, s'indigna per la leggerezza dei giornalisti pronti a fidarsi dei terroristi che sostengono di aver incassato dodici milioni di dollari, ma non smentisce certo il pagamento di un riscatto. Ci ricorda anzi che l'Italia s'attiene «a regole e comportamenti condivisi a livello internazionale» e opera «in continuità con la linea seguita nel tempo dai diversi governi». L'Italia di Renzi, insomma, paga come prima e più di prima. Al pari di tante altre nazioni. Stavolta però i sofismi del ministro appaiono particolarmente insopportabili perché le esigenze di verità travalicano quelle consuete. Quel riscatto arriva nelle mani dei terroristi proprio mentre in Europa sono in corso attacchi organizzati da quelle stesse forze jihadiste alle quali Greta e Vanessa volevano dimostrare sincera e partecipativa solidarietà. Per riportarle a casa l'Italia ha dovuto sborsare fior di milioni dei nostri contribuenti. Ed ora quegli stessi milioni possono diventare il mezzo per colpire noi italiani. Perché come c'insegnano i fatti di Belgio e Francia e il massacro al museo ebraico di Bruxelles della scorsa primavera - gli attacchi all'Europa sono tutti opera di reduci della Siria. Il dovere di verità nei confronti dei contribuenti, veri finanziatori del riscatto versato per sopperire alle leggerezze di due ragazzine - va però anche più in là. Per raggiungere la Siria Greta e Vanessa hanno usufruito di una rete di solidarietà, contatti e collusioni che dal cuore della Lombardia raggiunge Turchia e territori siriani. Quella rete di solidarietà può venir percorsa anche in senso inverso e venir utilizzata, come stiamo vedendo, per portare il terrore dai santuari jihadisti fin dentro casa nostra. Le due cooperanti - tanto inconsapevoli da essersi offerte in pasto ai propri rapitori-eroi - potrebbero - altrettanto inconsapevolmente - essersi trasformate, prima della partenza, nei terminali di traffici rivolti a far entrare in Italia armi e cellule dormienti. Governo e magistratura devono dunque chiarire ogni particolare delle loro avventure. Dalla preparazione fino all'epilogo. Quei particolari resteranno ovviamente coperti dal segreto istruttorio, ma potranno diventare in futuro, le motivazioni di una sentenza capace di perseguire i responsabili del sequestro e far luce su eventuali connivenze con il terrorismo jihadista siriano. Perché i soldi dei cittadini non servono solo a pagare i riscatti di chi colpevolmente si mette nei guai, ma anche a capire se dietro quelle azioni si nascondano solo puerili errori o connivenze più sgradevoli. E questo non significa infierire su due ragazzine, ma semplicemente accertare la verità.

Una verità indispensabile per garantire non solo il rispetto della legge, ma anche il rispetto e la difesa dei cittadini minacciati dal terrorismo.

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