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Il "caso Cdb" nel mirino di Bruxelles

Dossier sul tavolo del commissario alla stabilità finanziaria

Il "caso Cdb" nel mirino di Bruxelles

Da giorni il pasticcio bancario del governo Renzi riecheggia a Bruxelles. Prima con un inedito scambio di accuse tra Bankitalia e la Commissione sulle modalità di salvataggio delle quattro banche deragliate nei giorni scorsi e ora anche per la questione della speculazione sulle popolari. Sul tavolo del commissario alla stabilità finanziaria Jonathan Hill c'è già un dossier con gli articoli del Giornale e i dettagli dell'operazione condotta dalla Romed, la cassaforte finanziaria dell'ingegner De Benedetti, finita al centro delle inchieste di Consob e Procura di Roma.Anche Antonio Tajani chiede a Bruxelles di intervenire per fare chiarezza. Il vice presidente del Parlamento europeo ha depositato un'interrogazione con richiesta di risposta scritta alla Commissione in cui ricorda che «la società di intermediazione finanziaria Romed avrebbe operato al fine di movimentare titoli delle banche popolari per sei milioni di euro con una plusvalenza di circa 600mila euro», e che «l'informativa conterrebbe anche registrazioni telefoniche, dalle quali emergerebbero sollecitazioni fatte direttamente dall'azionista della Romed, Carlo De Benedetti, affinché si investisse sui titoli delle banche, che nel giro di pochissimi giorni sarebbero state oggetto della riforma», come sostiene il rapporto della Guardia di finanza alla Consob svelato dal Giornale. L'europarlamentare di Forza Italia chiede alla Commissione, la cui attenzione è da giorni richiamata dalla tempesta bancaria italiana, «in che modo essa intende investigare e, laddove opportuno, sanzionare manipolazioni di mercato o pratiche di insider trading». Il quesito si basa sulla direttiva europea 6 del 2003 che affida alla Commissione i compiti di vigilare su come gli Stati membri si attrezzano per combattere il «market abuse» e di disegnare un sistema di sanzioni. Del resto, se resta da provare che l'ingegnere abbia sfruttato l'accesso privilegiato a informazioni dal governo «amico», l'unica certezza è che le speculazioni ci sono state: nella settimana precedente il decreto, la Popolare di Milano segnò un rialzo del 21%, Ubi del 15%, Popolare dell'Emilia del 24%, per non parlare della Popolare dell'Etruria: la banca nel cui cda sedeva il padre del ministro Boschi mise a segno un +65%. Mica male per una banca sull'orlo del crac. È evidente che le speculazioni finanziarie ci siano state e già all'epoca Tajani chiese all'Ue di intervenire. Perché era chiaro che o la gestione di una riforma sensibile per il mercato finanziario era stata gestita in modo estremamente goffo dal governo o qualcuno che era a conoscenza di tempi e dettagli dell'approvazione della norma aveva deliberatamente aiutato amici con capacità di investimento a farci su un bel guadagno.

Gli sviluppi degli ultimi giorni fanno sorgere il sospetto che siano accadute entrambe le cose.

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