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Caso "Domani" all'Antimafia. Convocato De Benedetti

L'editore del quotidiano sarà ascoltato per gli accessi abusivi alle banche dati. Niente audizione per l'ex procuratore adesso nei 5s

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Domani è un altro giorno. Anche l'editore Carlo de Benedetti dovrà deporre in commissione Antimafia sul presunto dossieraggio ai danni di politici e vip, su cui indaga Raffaele Cantone e la Procura di Perugia, orchestrato dal tenente della Finanza Pasquale Striano con la complicità di tre giornalisti del quotidiano di proprietà dell'Ingegnere. A fargli compagnia il direttore del Domani Emiliano Fittipaldi, il ministro della Difesa Guido Crosetto, autore dell'esposto da cui è partita l'inchiesta, il Guardasigilli Carlo Nordio, il comandante generale della Guardia di Finanza Andrea De Gennaro (che ha già disposto un audit interno), il generale Michele Carbone, direttore della Dia ed Enzo Serata, direttore dell'Uif di Banca d'Italia, la macchina che sforna le Sos (Segnalazione di operazioni sospette) che avrebbero ispirato gli accessi di Striano alle banche dati che aveva a disposizione.

Niente audizione invece per l'ex procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho. I presidenti delle Camere hanno confermato che è impossibile l'audizione di un componente della stessa Bicamerale (alla quale da ieri si è aggiunto Maurizio Gasparri di Forza Italia), di cui il parlamentare M5S è vicepresidente. Qualcuno ipotizza che de Raho dovrebbe rispondere dell'operato di Striano, giacché l'investigatore - all'ufficio Sos della Dia dal 2015 - avrebbe partecipato ad alcune indagini coordinate dal procuratore sia in veste di numero uno della Dna, sia da capo della Procura di Reggio Calabria. «C'è bisogno di fare chiarezza sulla vicenda, soprattutto su chi si è mosso e su quelle parti politiche che hanno utilizzato quegli accessi. Ma additare me è soltanto un modo per attaccare l'opposizione», è la difesa di de Raho. «Il suo è un conflitto d'interesse che richiede una risposta parlamentare», dice Gasparri al debutto in Antimafia, mentre a smontare l'ipotesi della commissione d'inchiesta sul dossieraggio è il premier Giorgia Meloni: «Quello che sta emergendo è obiettivamente incredibile e vergognoso. L'Antimafia ha poteri di inchiesta, vediamo dove riesce e poi valuteremo se c'è bisogno di qualcos'altro», dice la leader Fdi.

Ad attaccare de Raho e Striano ci ha pensato l'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola, oggi alla sbarra nell'ennesima udienza (siamo in Appello) del processo Breakfast, nato a Reggio Calabria nel 2014. «L'allora procuratore capo Cafiero de Raho, fu il firmatario del mio arresto e fece una conferenza stampa dove affermò che era stata svelata la cupola fra massoneria, 'ndrangheta e politica - è lo sfogo del sindaco di Imperia ai microfoni di KlausCondicio, il talk web di Klaus Davi - chi produsse le informative più significative era proprio Striano». A distanza di più di 120 udienze l'accusa di essere legato a una Spectre è miseramente naufragata, così come è stata disinnescata l'alchimia finanziaria ricostruita in aula da Striano che sarebbe servita all'ex deputato Amedeo Matacena (morto a Dubai in circostanze misteriose, sul cui decesso si è riaperta un'indagine) per nascondere il suo patrimonio dalla latitanza, che Scajola avrebbe favorito con un reato («procurata inosservanza della pena») svuotato dall'aggravante mafiosa a carico dell'ex titolare del Viminale, già smontata dal gip per «assenza di fumus», ricordano i legali, ma risorta durante il processo sebbene lo stesso pm Giuseppe Lombardo alla fine ne abbia chiesto l'assoluzione. Sullo sfondo i dubbi sull'indagine manifestati sottovoce a Scajola da uno degli inquirenti rimasto anonimo, i due pentiti di mafia smentiti in aula e soprattutto lo strano suicidio del tenente colonnello della Dia Omar Pace, compagno d'ufficio di Striano alle Sos. Una tragedia che avrebbe segnato Striano e che non ha mai convinto la famiglia di Pace.

E forse non solo loro.

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