Politica

Dalla Cassazione alla grazia: 4 mosse per liberare Dell'Utri

La difesa punta sulla sentenza Ue che ha smontato il concorso esterno. Due i ricorsi contro la condanna, alla Suprema corte e a Strasburgo. E poi si spera in un intervento del Quirinale

Dalla Cassazione alla grazia: 4 mosse per liberare Dell'Utri

Un poker di possibilità. Quattro strade per chiudere i conti con la giustizia. L'interminabile vicenda di Marcello Dell' Utri potrebbe riaprirsi dopo essersi conclusa con una condanna definitiva a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Dell'Utri sta male e da una cella del carcere di Rebibbia è stato portato in ospedale, al Sandro Pertini: qui gli è stata diagnosticata una pericolosissima infezione che viene curata con cocktail di antibiotici. La domanda che ora ci si pone è: che cosa accadrà quando l'ex senatore avrà recuperato la salute? In teoria dovrebbe rientrare in cella per scontare una pena ancora lunga. Ma, sempre sulla carta, potrebbero essere percorse altre strade. Una porta dritto al Colle e alla domanda di grazia.

È la suggestione lanciata ieri, dalle colonne del Giornale, da Piero Sansonetti, giornalista e direttore del Dubbio: «Dell'Utri è un prigioniero politico, dovrebbe essere fuori, in qualunque altro paese sarebbe già stato liberato, resta dentro solo perché è un simbolo». E allora per smuovere una situazione incancrenita, Sansonetti si rivolge direttamente al presidente della Repubblica perché apra le porte della cella. «Da qualunque parte si esamini la vicenda - sintetizza Sansonetti - ci accorgiamo che l'intervento di Mattarella è urgente, sempre più urgente». Mattarella potrebbe concedere la grazia. Per ora, però, ogni ipotesi è prematura.

E così si studiano i diversi profili del dossier, in particolare il capitolo relativo al reato contestato, il concorso esterno. Il peccato originale di questa storia. Da qui partono due piste: una va in Cassazione, l'altra a Strasburgo, alla Corte dei diritti dell'uomo.

A suo tempo il pool difensivo aveva letto la sentenza con cui Strasburgo sconfessa la condanna di Contrada. Gli avvocati avevano fatto un salto sulla sedia perché le due vicende sono perfettamente sovrapponibili e dunque le censure di Strasburgo si applicano o si dovrebbero applicare anche al verdetto Dell'Utri. Il concorso esterno, già zoppicante perché non codificato nel codice, viene definito dalla giurisprudenza solo a partire dal '94. Ma la condanna di Dell'Utri si ferma al '92. Prima. E allora? Gli avvocati avevano chiesto alla corte d'Appello di Palermo di annullare la condanna proprio sulla base del verdetto di Strasburgo, ma la richiesta è stata respinta, anche se i giudici siciliani hanno indirettamente riconosciuto che la questione è fondata. A questo punto la domanda, tecnicamente un incidente di esecuzione, è stata riproposta in Cassazione: a giorni verrà fissata l'udienza che si terrà davanti alla Prima sezione.

Contemporaneamente i legali hanno depositato un ricorso a Strasburgo che già ha condannato l'Italia per il caso «gemello» di Contrada. Le aspettative sono buone ma i tempi si annunciano lunghi, anzi lunghissimi. Anni. La corte è intasata di ricorsi e dunque, per quanto si sia chiesta una corsia accelerata, non ci sono certezze sul calendario. C'è il rischio di arrivare fuori tempo massimo, almeno rispetto alle dinamiche della pena. E allora si valuta, non in alternativa, anche la pista delle cattive condizioni di salute. Dell'Utri ha quasi 75 anni, è cardiopatico, combatte contro un nemico insidioso come il diabete. Nei giorni scorsi è esplosa un'infezione, una pericolosissima setticemia che ora, dopo momenti di grande apprensione, sembra finalmente essere sotto controllo. Ma la sepsi ha cambiato le carte in tavola e di fatto rappresenta uno spartiacque nella vita dell'ex senatore. «Ho visitato il paziente Dell'Utri nel carcere di Parma il 14 febbraio scorso - spiega Bernardo Rocco, urologo al Policlinico di Milano - dunque non dispongo dei dati clinici più recenti. Ma il tipo di infezione alle vie urinarie che ha colpito Dell'Utri, se la realtà mi è stata rappresentata correttamente, impone una riflessione sul futuro. Troverei inappropriato rimandarlo in cella, dove l'igiene è quella che è, e più alto il rischio di una ricaduta».

Gli avvocati sono già al lavoro: nel tentativo di dimostrare l' incompatibilità con il regime carcerario e giungere dunque al differimento della pena.

O almeno alla concessione della detenzione domiciliare.

Commenti