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Il Cavaliere rimonta in sella Forcing fino al referendum

Berlusconi prepara la maratona tv per il "No" ed è pronto a sfidare Renzi. La suggestione Palazzo Chigi

Il Cavaliere rimonta in sella Forcing fino al referendum

Sarà un pizzico di superstizione in occasione degli ottanta anni o forse il fatto che in molti già lo raccontavano pronto a sedersi in panchina e lasciare il passo. Quel che è certo è che Silvio Berlusconi ci ha tenuto a far sapere che le cose non stanno così e che è sua intenzione continuare a restare in campo il più a lungo possibile. Non lo ha detto esplicitamente, certo. Ma ha fatto parlare in maniera inequivocabile il linguaggio dei simboli, non solo con la riunione a tre di mercoledì scorso insieme a Matteo Salvini e Giorgia Meloni ma pure con una netta presa di posizione per il «no» al referendum.

Insomma, dopo mesi nelle retrovie con Forza Italia un po' alla deriva e molto smarrita dal vento innovatore di Stefano Parisi, l'ex premier ha rotto gli indugi. E nell'eterno gioco del pendolo di un Berlusconi che da sempre e non solo in politica gioca su più tavoli, oggi la barra si va spostando un po' più a destra. E così resterà almeno fino al 4 dicembre, giorno in cui l'Italia voterà sul ddl Boschi e, di fatto, sul governo guidato da Matteo Renzi.

Il cambio di passo era nell'aria da giorni e chi ha avuto occasione di incontrare l'ex premier negli ultimi tempi aveva colto che lo scenario andava mutando. Nelle sue conversazioni private, infatti, non solo Berlusconi è tornato ad ipotizzare di candidarsi a Palazzo Chigi - «se le condizioni lo consentiranno» - alle prossime elezioni, ma si è detto pronto a venti giorni di campagna referendaria in prima linea, con tanto di apparizioni pubbliche ed interviste televisive. Una sorta di maratona per il «no» da aprirsi a metà novembre, quando a Roma si terrà la conferenza programmatica di Forza Italia, e chiudersi il 2 dicembre, alla vigilia del silenzio elettorale.

Lo scenario dei prossimi mesi, dunque, si preannuncia di vero e proprio muro contro muro rispetto a Renzi. Che, forse non per caso, ormai da settimane non perde occasione per affondare i colpi contro il leader di Forza Italia. Il primo in occasione del terremoto di Amatrice, quando disse che la ricostruzione non sarebbe stata come quella di L'Aquila, l'ultimo due giorni fa, quando ha spiegato che Berlusconi sarà ricordato per le tante cose non fatte più che per quelle fatte. Le prime schermaglie di un braccio di ferro che nei prossimi mesi rischia di lasciare strascichi.

Di sicuro dentro Forza Italia, visto che un pezzo di partito guarda con un qualche interesse alle ragioni del «sì». In verità, sarebbe più appropriato dire «guardava», perché è evidente che la discesa in campo di Berlusconi lascia pochi margini di manovra ai teorici del dialogo con il governo. Guadagnano punti i cosiddetti falchi e, soprattutto, perdono terreno i sostenitori della svolta al centro, compreso il progetto su cui molto si sta dedicando in questi mesi Stefano Parisi. Quel che non ha gradito Berlusconi della due giorni di Megawatt, infatti, non è stato solo il vedere in platea poche facce nuove (e qualcuna vecchia) ma il fatto che il pubblico della kermesse parisiana fosse per metà a favore del referendum. Non è un caso che sul punto lo stesso Parisi tenga da qualche settimana una posizione più netta dopo che durante la campagna elettorale per il comune di Milano aveva preferito non schierarsi.

Quel che invece ha convinto Berlusconi è il link che l'ex dg di Confindustria ha saputo creare con un pezzo di società civile e con il mondo dell'impresa, un punto su cui Forza Italia negli ultimi anni aveva perso terreno.

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