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La Chiesa difende il crocifisso, ma solo perché ha paura di Salvini

La proposta del ministro Fioramonti sul crocifisso fa discutere, ma la Chiesa tira ancora in ballo Matteo Salvini

La Chiesa difende il crocifisso, ma solo perché ha paura di Salvini

"Togliere il crocifisso dalle aule delle nostre scuole darebbe solo manforte a Salvini". Può sembrare una dichiarazione di un esponente del Partito Democratico, magari uno della corrente dei "cattolici adulti". Progressisti sì, ma poco inclini ad assecondare una laicizzazione assoluta del nostro contesto istituzionale. Ma non è così. La disamina sugli effetti politici della proposta del ministro Lorenzo Fioramonti, quella tesa a rimuovere i crocifissi dalle classi, è di monsignor Michele Pennisi, incaricato nell'arcidiocesi di Monreale.

Matteo Salvini ha già dimostrato di avere una forte presa sull'elettorato cattolico. Nel caso il governo giallorosso prendesse davvero questa decisione, quella di far sì che il simbolo della cristianità per antonomasia sparisca dalle scuole, il leader del Carroccio potrebbe alimentare una polemica. Quindi, per gli ecclesiastici che confidano in un ridimensionamento dell'ex ministro dell'Interno, la conseguenza sarebbe inconveniente: l'estensione del bacino elettorale leghista.

Stupisce un po', perché anche in questo caso si assiste a un commento pratico, quasi politologico. Non c'è, insomma, quella tendenza al ritiro spirituale, un moto strategico per uscire dall'impasse relativista, che è propria della contemporaneità. I tradizionalisti predicano la "Opzione Benedetto" di Rod Dreher, ossia un ripiegamento dalle cose del mondo. Per salvare il cattolicesimo dalla estinzione. "A Cesare quel che è di Cesare", scrivono sul loro manifesto i cattolici che pregheranno dinanzi al Vaticano il prossimo 5 ottobre. Perché vorrebbero che la Chiesa non scendesse con questa costanza nell'agone politico. Ma la strada intraprese è un'altra. Infatti, monsignor Pennisi, come riportato da Repubblica, ha aggiunto pure quanto segue: "L'ex ministro dell'Interno, partendo da qui, farebbe una battaglia contro il governo che, oltre ad aumentare le tasse, lede anche la sensibilità di buona parte degli italiani". Ma porre un freno a Matteo Salvini può, in relazione alla consueta diatriba sul crocifisso, rappresentare un'ambizione propria di un ecclesiastico? Evidentemente sì.

"Solo giungendo alla profondità che si manifesta in Cristo crocifisso scorgiamo l’autentica forza che sorregge il cosmo. L’assolutamente grande si riconosce solo nell’infinitamente piccolo". Queste non sono parole di un leghista, ma del papa emerito Joseph Ratzinger, com'è apprendibile su Il Foglio. Certo, Ratzinger è Ratzinger ma, nella fase che ha preceduto questa, era difficile rintracciare un movimentismo ecclesiastico così persistente. La difesa del crocifisso, per dirla in maniera semplice, non necessitava di considerazioni su chi avrebbe politicamente approfittato della rimozione. Ma tant'è.

Quello grillino è laicismo. E qualcuno lo tiene bene a mente. "Il simbolo esiste per essere esibito ovunque, almeno finché c'è libertà.Il crocifisso è simbolo dell'identità cristiana della nazione italiana, che pare sia composta ancora per oltre l'80 per cento da cattolici battezzati", ha esordito Mons. Nicola Bux, sentito da IlGiornale.it per commentare la notizia in oggetto. E ancora: "In Israele o nei paesi islamici dove pure vi sono minoranze cristiane e altre - ha aggiunto - , non penserebbero mai di togliere la menorah e la basmala o altri simboli religiosi dai luoghi pubblici".

Ma il monsignore è un fiume in piena e rammenta pure i desiderata di chi ha consentito alla civiltà occidentale di potersi definire tale: "I padri costituenti, permettendo la sua esposizione nei luoghi pubblici, volevano esprimere anche la contrarietà alla decristianizzazione delle culture da cui provenivano, in particolare quella liberale. Benedetto Croce diceva: Non possiamo non dirci cristiani". Poi la stoccata sui tempi che corrono: "La società laicizzata è condannata all'autodistruzione. Non parliamo poi, se vi contribuiscono dall'interno i cattolici, in specie i chierici, che, a detta di Charles Peguy, ne sono sempre la causa prima".

Il crocifisso deve rimanere dov'è, insomma, per ragioni culturali ed identitarie, lasciando alla statistica previsionale il compito di ragionare di calcoli elettorali.

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