Politica

Class action su Rai, casa e banche Così mandiamo a casa il premier

Dal mattone al canone, dieci cause collettive sulle misure più odiose. È l'unica arma per ridare fiato alla democrazia

Class action su Rai, casa e banche Così mandiamo a casa il premier

Avviso per orecchi delicati. Annuncio qui in forma di proclama e di manifesto, una strategia nuova per la politica, quella che non ci sta, che non si fa comprare, quella che sta dalla parte della gente: la class action, anzi uno stormo di class action come foglio di via per spedire a casa Renzi e il suo governo e ripristinare il corso della democrazia. Prima devo pagare un debito intellettuale. Lo faccio volentieri. Quel che segue infatti è un tentativo teorico di dare ali politiche a un'intuizione del professor Luca Antonini, avvocato di valore, ordinario costituzionalista all'università di Padova, mente vivacissima, gran passione civile. Il quale non somiglia a Julia Roberts, ed è un difetto non da poco, ma come l'attrice premio Oscar sta interpretando il ruolo di Erin Brockovich, o almeno lo vuole importare in questa Italia renziana di oggi, ma invece di difendere dal cancro una comunità esposta da una multinazionale a tossicità chimiche, ha lo scopo di fornire al popolo sovrano un'arma per dire alt! a un'altra contaminazione, quella delle coscienza.

La Rai da sempre ci invade con la sua orda mongolica osmotica che oggi non è più nemmeno lottizzata, stavolta però ha esagerato, e il suo dominio ha preteso di esercitarsi con una mossa giuridicamente fragilissima. Antonini ha insomma ideato una class action contro il governo a proposito del canone Rai in bolletta. Ha lanciato l'idea, fornendo gli strumenti tecnici, su Panorama di Giorgio Mulè. Un caso di civismo organizzato e collettivo straordinariamente interessante. Di fatto si tratta di un prototipo di democrazia diretta diversa, più semplice, insinuante, rapida, di difficile soffocamento. Però bisogna dare gambe e corpo all'idea. Mi rendo conto. Lemma anglosassone, class action. Appare perciò come qualcosa che appartiene ad altra cultura e civiltà.

È stato necessario un film popolare sulla vicenda di cui la Brockovich-Roberts fu protagonista nel 1993 per aprire un po' anche l'Italia a questa idea. Ma finora è restata un mito, una vicenda edificante sì, ma di un altro pianeta. Occorre che un movimento politico accetti la sfida come tentativo estremo di spezzare l'incantesimo maligno di tre presidenti del Consiglio non eletti e di un Parlamento illegittimo, ma che non suscita scandalo. Forza Italia indossi questa armatura nuova, che peraltro appartiene allo spirito rivoluzionario del Cavaliere. E ne vedremo delle belle. La Brockovich operò in California per vie legali, coinvolgendo chi non aveva alcuna fiducia nelle vie legali, andando casa per casa con le sue carte e le sue idee, guardata con commiserazione dai professionisti dei tribunali. Fu dapprima ignorata con sussiego, quindi ridicolizzata, infine combattuta. Poi vinse. Allo stesso modo credo sia possibile traghettare quel metodo in politica, nella nostra politica di oggi. Immagino due critiche opposte.

1) Class action è roba minuta, da piazzisti di pentole. Nulla a che fare con la nobiltà di ideali e orizzonti che deve avere la politica. 2) La class action è elitaria, un arzigogolo snobistico, una faccenda per carbonari esoterici, mai avrà successo tra le masse. Rispondo alla prima obiezione. Le class action hanno esattamente quel difetto: sono popolari popolarissime nei contenuti. Come quella sulla Rai: riguardano interessi concreti e immediati. Li capiscono tutti. O la politica e le iniziative politiche sono in grado di portare le lontane stelle nel cortile degli italiani, oppure trionferanno disinteresse, schifo, astensionismo, ribellione senza legalità. Quanto al presunto elitarismo (seconda obiezione) sarebbe così se si limitasse a essere un'azione di disturbo intelligente che basta a se stessa. Può essere molto di più. Può essere l'indicazione di un metodo, più capillare e coinvolgente del referendum, che per sua natura ha procedure lente e barriere istituzionali ardue da scavalcare. Una punzecchiatura all'elefante statale e burocratico (tale è oggi per me il governo Renzi inteso come apparato di potere) che quando fosse condotta da centinaia di migliaia di persone, oggi, domani, dopo domani, insistendo su snodi delicati e sensibili, può avere effetti sorprendenti. Può atterrare il pachiderma, come capita in natura per l'assalto concentrico di sciami d'api. Tradotto: manderebbe a casa Renzi. Ma non si limiterebbe a questa opera sanamente meritoria. Le api produrrebbero molto buon miele di contenuti, di organizzazione, di entusiasmo per nutrire il futuro politico di questo Paese.

Ho studiato la pratica sia dal punto di vista giuridico sia da quello della teoria politica applicata al nostro tempo. E può essere dirompente, solo che non sia confinato nell'armamentario degli inventori da Portobello, e come detto poche righe fa ne capisca l'importanza un soggetto politico che ne colga la carica pacificamente rivoluzionaria. Ho nominato Forza Italia, ma penso anche alle altre forze politiche. E a quei settori della società che sono amplissimi e non trovano piena rappresentanza in Parlamento, ormai ridotto a un letto di Procuste che taglia via tutto ciò che non sta nella misura del renzismo. Non è forse in questa condizione di potenzialità politiche inespresse quel movimento che ha dato vita al Family day?

Il suo leader più significativo, Massimo Gandolfini, ha invitato i suoi al «no» al referendum confermativo che Renzi ha voluto come plebiscito su se stesso. Non è una banale vendetta fuori tema, un saltare dal palo delle adozioni gay alla frasca del Cnel, come scioccamente ha banalizzato il premier. Gandolfini ha colto la condizione della democrazia negata in Italia: può far qualcosa solo la democrazia diretta. Il Parlamento è fuori causa. È imbullonato al carro del Fiorentino grazie alla illegittimità di premi incostituzionali e di tradimenti massicci. Per questo Gandolfini, medico bresciano non nominato da nessuno, ma venuto su per il carisma e la limpidezza di posizione umana che ha saputo conquistare il consenso di tanta gente, dice che la speranza di cambiamento sta oggi fuori dal Parlamento. E il colpo forte sarà il referendum confermativo, che potrà essere abrogativo di Renzi solo che ci si prepari conseguentemente. Io dico: attraverso una sequenza micidiale di class action concrete, efficaci, di valore giuridico, ma intanto aggregatrici di consenso. I focolai di class action possono incendiare la prateria di questo regimetto senza alcuna grandezza. Ed ecco il proclama che offro con ironica serietà al prevedibile sarcasmo altrui.

Una, dieci, cento class action. Trasformare il civismo in azione politica di opposizione, nell'interesse dei cittadini consumatori. Rendere la democrazia diretta qualcosa di quotidiano, a largo spettro, mobilitante, togliendogli la patina di marginalità. Situazionismo moderato, che pare un ossimoro, ma oggi è il paradosso del realismo politico, che chiede ai liberali e riformisti di essere rivoluzionari per ripristinare con azione esterna al Parlamento la democrazia rappresentativa della sovranità popolare. Partendo da fuori delle istituzioni, rispettando in pieno la legalità, per dare una scossa alle istituzioni repubblicane, specie le due Camere, dove non c'è una maggioranza che corrisponda alla volontà dei cittadini ormai da cinque anni.

Class action per costringere il governo a dar conto del suo operato non tanto a deputati e senatori ormai impacchettati da gestioni autoritarie teleguidate da Palazzo Chigi, ma alla gente radunata intorno a interessi precisi, legittimi ma conculcati. Uno, dieci, cento class action molto pratiche e chiare nel loro senso economico e giuridico, ma che funzionino come casematte contro l'autoritarismo renziano, usando Gramsci contro Gramsci, picconando le parentesi che confinano la democrazia a lettera morta. Con poco studio ne ho individuate dieci. Tutte fondate:

1) Il canone Rai in bolletta elettrica;

2) Tassa sull'ascensore;

3) Mancata tutela delle concessioni balneari italiane;

4) Mancato rinnovo incentivi per energia pulita;

5) Inasprimento norme mutui immobiliari;

6) Rimborsi risparmiatori truffati dalle banche;

7) Abolizione delle limitazioni della responsabilità degli amministratori delle banche;

8) Maglie troppo larghe con l'immigrazione irregolare;

9) Maxi bollette;

10) Autovelox.

Esse hanno valore politico e di mobilitazione prima della pronuncia giurisdizionale, e qualunque cosa stabiliscano i giudici, sarà già un successo, in grado di coinvolgere decine di milioni di italiani. C'è un altro aspetto importante. Intorno a ciascuna di queste battaglie emergerebbe un leader vero, non nominato, capace di coagulare e di dare voce a settori precisi e con interessi chiari e determinati. Ci troveremmo su tutto lo spettro politico una classe dirigente di nuovi leader, veri e ben temprati.

Non male come risposta all'antipolitica. Insomma: una, dieci, cento class action!

Commenti