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Il Colle è tranquillo: ministro blindato

Mattarella non crede alle dimissioni di Tria: si difende bene da solo

Il Colle è tranquillo: ministro blindato

Roma - Salvate il soldato Tria? «No, non succederà, il capo dello Stato non interverrà nel dibattito politico», è il mantra ripetuto dal Colle, e del resto «non ce n'è bisogno», il ministro dell'Economia si salva da solo. Certo, Luigi Di Maio pretende che racimoli «i soldi per gli italiani», Matteo Salvini lo invita a «trovare l'equilibrio tra i vincoli di bilancio e il diritto di crescita del Paese», e Giancarlo Giorgetti vuole che sia «più elastico» sui decimali». E persino il prudente Giuseppe Conte parla di «riforme da avviare nella Finanziaria».

Ma Giovanni Tria resiste, forte dello scudo istituzionale organizzato dal Quirinale, dell'appoggio di Bankitalia, dalla rete internazionale garantita dalla Bce e dalla Commissione europea. E, sorpresa, pure dalla fiducia dei mercati. Fondi e investitori sono infatti convinti che, al di là delle polemiche, la manovra italiana non sfonderà la fatidica quota dell'1,6 per cento del rapporto deficit-Pil. «Un conto sono le scelte politiche che spettano all'esecutivo, un conto è la stabilità della situazione finanziaria del Paese», dice ad esempio Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, uscendo dal comitato esecutivo dell'Abi, al quale ha partecipato il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco. «Il governo ha dato rassicurazioni molto chiare e ripetutamente - insiste Gros-Pietro -. Dopo di che ci sono state reazioni positive delle piazze finanziarie e questa è senz'altro una buona notizia».

Il sistema insomma scommette sulla tenuta del Belpaese. I cosiddetti poteri forti non credono che Tria possa cedere, tanto meno dimettersi: un eventuale crisi di governo, oltre al caos economico e politico, potrebbe portare a un esecutivo tecnico, con un rigorista come Carlo Cottarelli a Palazzo Chigi.

Scenari ritenuti improbabili. Eppure il pressing dei soci forti della maggioranza sul ministro è destinato a crescere perché ci sono le promesse elettorali da mantenere, o per lo meno le «riforme da avviare». Dice il premier Conte: «In questa manovra ci saranno reddito di cittadinanza, flat tax e riforma della Fornero. Sono tutti punti qualificanti del programma, li avvieremo tutti e tre con un meccanismo di gradualità». Ma anche la gradualità costa e dei 15-20 miliardi chiesti da Lega e Cinque stelle, una volta sterilizzata l'Iva, ce saranno in cassa meno di due.

Da qui il nervosismo di Di Maio, il più insistente nel voler sforare il tetto. Salvini, che ha già incassato il suo dividendo di consensi grazie al contrasto dell'immigrazione, ha meno bisogno di portare a casa qualcosa. Tutto ciò tranquillizza Sergio Mattarella, che considera propagandistiche le intemperanze degli ultimi giorni, rovesci intensi e veloci come temporali di fine estate stagionali: nemmeno il Colle crede quindi alla rottura. E Tria intanto, con le spalle coperte, va avanti ascoltando le proposte di Lega e M5s ma tenendo ben nascoste le sue carte e le vere cifre della legge di bilancio.

«Non mi impressiona il dibattito politico, ognuno qui fa la propria parte».

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