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Il confronto in tv è un flop ma Renzi si sente Macron

Ascolti sotto il 3% per la sfida tra i candidati su Sky E l'ex premier silura Alfano: «Minniti molto meglio»

Il confronto in tv è un flop ma Renzi si sente Macron

«Ora si riparte tutti insieme». Matteo Renzi si sente già il vincitore delle primarie Pd di domenica. Si sente un po' Macron, favorito al ballottaggio delle elezioni in Francia. E annuncia che il suo libro, in uscita il 10 o 17 maggio, si chiamerà Avanti, quasi come lo slogan «En marche!» del giovane candidato all'Eliseo.

Lui vuole di nuovo Palazzo Chigi, ma prima deve riconquistare il partito e farlo bene, sbaragliando i due antagonisti Andrea Orlando e Michele Emiliano. Chi vince le primarie è candidato premier, precisa, «lo prevede lo statuto del Pd». E già sceglie il primo dei suoi ministri, con un calcio ad Angelino Alfano: «Sui migranti i problemi sono innegabili, ma c'è una guida politica molto più forte che nel passato: Minniti sta facendo un lavoro straordinario».

Dalla batosta della riforma costituzionale («Sono l'ex di tutto, ma era giusto così dopo aver perso il referendum») Renzi ha imparato che personalizzare il voto fa male e stavolta evita lo scontro con gli altri candidati alla segreteria dem, che nel confronto Sky della sera prima ha trattato con guanti di velluto. Mentre loro al massimo lo punzecchiavano.

«Mi avete mai sentito parlare male di Emiliano di Orlando - chiede - Mai. Io non credo che le primarie debbano essere l'occasione per litigare tra di noi». L'ex Rottamatore ora punta sulle «idee», più che su cose e persone da sfasciare. Forse per questo non vuole animare troppo le primarie, limitarsi ad un unico duello tv e non sulla Rai, dove avrebbe avuto altro risalto. Su Sky ci sono stati 766mila telespettatori, share sotto il 3%, buon risultato per la rete, ma non l'audience di milioni della tv di Stato. «Avrei voluto più confronti, ma Renzi non si è reso disponibile», si lamenta il Guardasigilli Orlando. Sembra che il segretario uscente non voglia chiamare ai gazebo di domenica grandi folle, si accontenta di prevedere un milione di votanti, quando dal 2005, quando sono nate, le primarie del centrosinistra e poi del Pd hanno collezionato sempre un'affluenza tra i 4,3 milioni e i 2,8 del 2013 in cui Matteo conquistò lo scettro dem. Orlando, al contrario, spera di «avere delle sorprese» se ci sarà la «mobilitazione di un pezzo di società che vuole un Pd diverso da questo».

Il tema delle alleanze è l'unico che anima queste esangui primarie. Quella nel centrosinistra e Renzi avverte che «se si scrive Pisapia e si legge D'Alema» la proposta del giurista Giuliano di unire tutto il fronte è irricevibile, anche perchè «con quelli che se ne sono andati via dal Pd è ovvio che non facciamo alleanze». E quella possibile con Fi, perché il leader dem non esclude larghe intese, soprattutto se ci sarà un proporzionale, mentre lui vuole il maggioritario. Forse è la differenza più chiara emersa nel duello tv con Orlando ed Emiliano, che invece chiudono ad un Nazareno bis. Il ministro della Giustizia chiede un referendum tra gli iscritti Pd «per decidere se andare con Berlusconi o Pisapia». E spiega: «O vince il Pd o vince Renzi. Le due cose non sono conciliabili». Anche il governatore della Puglia è duro, con il suo linguaggio da magistrato: «Renzi vuole sbrigare queste primarie con rito abbreviato per andare al voto e non prendersi la responsabilità della legge di bilancio. La ricostruzione del centrosinistra non può che passare dalla sua sconfitta».

Lui, Matteo, rimane cauto e precisa che il suo rapporto con Berlusconi «è inesistente da mesi», ma pensa ad un possibile accordo con Fi sulla legge elettorale, per uscire dalla «palude» del dopo referendum. Indica l'esempio della Francia, dove il ballottaggio (com'era nell'Italicum) porta ad un vincitore subito e sprona «quelli che hanno vinto il referendum, quelli del No» a fare una proposta.

Sottolinea che vuole «votare quando lo dice Mattarella», ma per Emiliano «c'è un evidente conflitto tra Renzi e il Colle».

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