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La Consulta boccia il suicidio assistito: "Non tutela la vita". E oggi si decide su droga e giustizia

Non si farà il referendum sull'eutanasia attiva, che voleva depenalizzare l'omicidio del consenziente

La Consulta boccia il suicidio assistito: "Non tutela la vita". E oggi si decide su droga e giustizia

Non si farà il referendum sull'eutanasia attiva, che voleva depenalizzare l'omicidio del consenziente. Il quesito è inammissibile, ha decretato la Corte costituzionale. Oggi si conoscerà il giudizio sull'ammissibilità dei quesiti sulla legalizzazione della cannabis e dei sei sulla giustizia, promossi da Lega e Radicali.

La prima decisione della Consulta, dunque, stabilisce che rimarrà la reclusione da 6 a 15 anni prevista dall'articolo 579 del Codice penale, che i proponenti volevano cancellare mantenendo però il reato in caso di un minore. La sentenza deve ancora essere depositata ma l'Alta Corte fa sapere che, «a seguito dell'abrogazione, ancorché parziale, della norma sull'omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili».

Se qualcuno pensava che questa volta tutto sarebbe stato più facile, dopo la dichiarazione in cui cinque giorni fa il neo presidente della Consulta Giuliano Amato invitava i colleghi a «non cercare il pelo nell'uovo» in questa fase e consentire la consultazione popolare, è rimasto deluso.

Come lo è, lacrime agli occhi, Marco Cappato, dell'associazione Luca Coscioni che si è battuta per mesi per la raccolta delle firme: «Questa per noi è una brutta notizia, soprattutto per coloro che subiscono e dovranno subire ancora più a lungo una tortura, sofferenze insopportabili, contro la loro volontà. Credo sia ancora di più una brutta notizia per la democrazia nel nostro Paese, perché sarebbe stata una grande occasione per collegare la realtà sociale con le istituzioni su questo molto disattente. Per noi, la battaglia non è finita, continueremo con la disobbedienza civile e i ricorsi».

Matteo Salvini, promotore dei referendum sulla giustizia, usa le stesse parole. «Sono dispiaciuto. Una bocciatura non è mai una buona notizia». Ma lui può ancora sperare che in primavera, tra aprile e maggio se ci sarà l'ok della Consulta, i cittadini possano pronunciarsi su custodia cautelare, separazione delle carriere, legge Severino, elezioni al Csm, responsabilità civile diretta dei magistrati e partecipazione degli avvocati al voto sulla professionalità delle toghe.

Alcuni di questi quesiti sono già stati esaminati ieri, nella lunga giornata dei 15 giudici della Consulta, iniziata con l'udienza a porte chiuse alle 9,30, altri lo saranno oggi. Per tutta la mattinata la Corte ha affrontato i due quesiti su eutanasia attiva e legalizzazione della coltivazione della cannabis e il primo di quelli sulla giustizia, l'abrogazione del decreto Severino. Dopo l'interruzione all'ora di pranzo, alle 16 è ripresa l'udienza con l'esame del quesito che limita la possibilità di disporre misure cautelari.

All'uscita dal Palazzo il costituzionalista Giovanni Guzzetta, co-difensore con il collega Mario Bertolissi dei referendum sulla giustizia, si è mostrato cautamente ottimista: «C'è stata una grande attenzione da parte della Corte. Siamo fiduciosi che gli argomenti a favore della ammissibilità superino i possibili dubbi. Il clima è stato molto sereno e concentrato sugli aspetti tecnici e non sui temi di merito politico che accendono il dibattito».

Il fatto è che, oltre agli avvocati difensori ed ai giudici relatori De Pretis, Petitti, Zanon, Sciarra, Barbera, ha parlato l'avvocato della Regione Sardegna (tra i promotori) mentre non è intervenuto il governo, che non ha presentato memorie. «Sembra un segno di neutralità - dice Guzzetta - rispetto al merito da parte dello Stato. Evidentemente il governo non considera questi quesiti in contrasto con le politiche che sta mettendo in campo in materia di giustizia». Oggi sapremo se l'impressione è giusta.

Sull'eutanasia attiva anche Giuseppe Conte, secondo l'Adnkronos, avrebbe espresso dubbi all'assemblea congiunta dei parlamentari M5s. Per l'ex premier, il quesito così com'è posto «creava un vuoto legislativo poiché il consenso poteva essere acquisito senza controllo e ci conforta che noi, con il testo Perantoni, abbiamo un progetto normativo sul fine vita ben articolato. Ora quindi dobbiamo correre più decisi e sollecitare le altre forze politiche». Dispiaciuto anche Andrea Marcucci del Pd, che commenta su Twitter: «Non si risolve il problema. Il parlamento deve trovare la forza morale di affrontare un tema delicato e fondamentale, per troppi anni colpevolmente rinviato». Il leader del Pd Enrico Letta invita il parlamento a legiferare «secondo le indicazioni» della Corte costituzionale. E Filomena Gallo del comitato promotore, sempre su Twitter: «Abbiamo comunque gettato il seme per una nuova stagione laica e di democrazia nel nostro Paese.

Grazie a tutti coloro che hanno dato forza alla nostra battaglia».

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