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Conte fa il giudice e condanna Siri: "Via al prossimo Cdm"

Un premier imbarazzato mette all'angolo la Lega ma cerca di evitare la crisi di governo

Conte fa il giudice e condanna Siri: "Via al prossimo Cdm"

Non vuole «ergersi a giudice», l'avvocato del popolo che siede a Palazzo Chigi. Ma il «popolo», o almeno quello grillino, chiede a gran voce la testa del sottosegretario Siri. Così Giuseppe Conte, alla fine, la fa rotolare nella cesta: «per necessità» e «per la gravità dei fatti, ancorché non provati». Si assume dunque la responsabilità politica, il premier, che al prossimo Cdm proporrà la revoca della nomina del sottosegretario leghista alle Infrastrutture. Dovesse continuare la guerra ipotesi al momento del tutto improbabile assisteremmo alla fine dei gialloverdi in diretta da Palazzo Chigi, con una seduta del Consiglio dei ministri che a quel punto sarebbe appropriato definire «esplosiva», se solo i ministri leghisti si opponessero alla scelta del premier. Non accadrà, però. Anche perché, come impietosamente ha precisato un Di Maio gongolante, «in Cdm abbiamo la maggioranza».

A nulla sono valse le ultime, convulse ore di trattativa per sbloccare il braccio di ferro tra Salvini e Di Maio che, a metà pomeriggio, ha dettato una dichiarazione che si rivelava ultimativa, tanto per l'alleato quanto per il premier: «Sulla questione morale non arretriamo. Comunque si chiami il sottosegretario, sia del Movimento o di un partito alleato, le regole si rispettano. Questo deve essere ben chiaro, lo diremo sempre». Fallito il tentativo del sottosegretario leghista Giorgetti, il premier Conte ha deciso di salire sul patibolo per le conclusioni. A nulla è servito neppure il gesto disperato di Siri che, a conferenza stampa di Conte imminente, ha emesso una nota nella quale si è detto pronto alle dimissioni, ma dopo essere stato sentito dai magistrati. «Se non arriverà la rapida archiviazione nella quale confido entro 15 giorni - aveva proposto -, sarò il primo a voler fare un passo indietro, rimettendo il mio mandato, non perché colpevole, bensì per profondo rispetto del ruolo che ricopro».

La risposta di Conte è arrivata quasi in contemporanea, ed era una richiesta di resa incondizionata. «Le dimissioni o si danno o non si danno ha spiegato -, dimissioni future non hanno senso...». E mentre Salvini dall'estero continuava a insistere - «lascio a Siri e a Conte la scelta, ma almeno lo si faccia parlare coi magistrati» -, Conte è andato giù con la mannaia: «Ho incontrato il sottosegretario Siri lunedì sera, nel colloquio mi ha fornito dettagli sulla sua vicenda giuridica...Nel caso di specie il sottosegretario - è normale ricevere suggerimenti per modifiche di norme -, ma come governo dobbiamo valutare se queste norme perseguono l'interesse generale... In questo caso la norma non avrebbe offerto agli imprenditori parità di chance, quindi non era generale e astratta. Ho quindi valutato la necessità di dimissioni Eventuali dichiarazioni spontanee dell'interessato ragionevolmente non potranno segnare una svolta, lo dico da avvocato...». Consapevole di dover mettere la faccia su una decisione che può mandare il governo all'aria, Conte ha cercato di placare gli animi invitando la Lega «a non avere una reazione corporativa, come se si trattasse della condanna di un suo esponente» e ai 5s di «non approfittarne per cantare vittoria politica, perché significherebbe calpestare la dignità di una persona».

Persona sottoposta, ha detto infine, «solo a indagine preliminare».

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