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Conte filo Putin imbarazza i dem

Il Pd contro la mozione M5s: "Con che faccia critichiamo Salvini se abbiamo un alleato così?"

Conte filo Putin imbarazza i dem

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Lo denunciano i centristi di Azione e Italia viva, lo ammette senza giri di parole nell'aula di Montecitorio il radicale Riccardo Magi di +Europa: «La propaganda filo-putiniana è fortemente presente in Italia all'interno del centrodestra ma anche nel centrosinistra. Ed è un problema grave rispetto alle elezioni e alle infiltrazioni che condizionano l'opinione pubblica». Lo dice tra le righe persino il responsabile Esteri del Pd, Giuseppe Provenzano, costretto a dissociarsi dall'alleato Cinque Stelle: «Non condivido le loro parole su Russia e Ucraina», dichiara nel suo intervento. E al termine del dibattito sul prossimo Consiglio europeo il Pd vota contro la mozione anti-Ucraina presentata da Giuseppe Conte.

Proprio mentre attacca il governo e la premier Giorgia Meloni per le esternazioni filo-russe del suo vice, il «campo largo» si ritrova, con grande imbarazzo, alle prese con il proprio Salvini. Ossia l'ex premier Conte e il suo partito, che nell'aula di Montecitorio chiedono l'interruzione di ogni appoggio alla Resistenza ucraina e la capitolazione di Kiev di fronte alla invincibile potenza della Grande Madre Russia, cui occorre a loro parere inchinarsi. Nel suo veemente comiziaccio d'aula Conte usa toni orbaniani che mettono in difficoltà persino gli spezzoni «pacifisti» del Pd: attacca Giorgia Meloni per la «fedeltà a Biden» - lui, si sa, preferiva Trump - e la «soggezione verso Washington, Bruxelles e i poteri bancari» (manca solo un riferimento agli «usurai»). Teorizza che spingere l'Ucraina alla resa e a «sedersi al tavolo della pace con Putin» (dove sia il tavolo non lo spiega) è l'unica via per «uscire dal vicolo cieco» in cui si sarebbe messo l'Occidente e che porta «alla terza guerra mondiale». Poi passa al Medio Oriente, accusa il governo di «vergognosa copertura» a Israele e chiede a gran voce un «imbarco» (probabilmente vuol dire embargo) contro Tel Aviv. Il suo vice Riccardo Ricciardi va persino oltre: «Ma quale antisemitismo, di che parlate, è il governo di Israele a essere criminale». Quanto alla Russia, i suoi toni sono lirici: «Altro che crollo o capitolazione, la Russia sta benone, la sua economia è fortissima e si è aperta alla Cina e al mondo, che non finisce nella vecchia Europa. Agli ucraini diciamo: potete ancora sopravvivere», ma solo se vi arrendete subito a Putin.

Nel Pd l'imbarazzo si taglia con il coltello: «Con che faccia critichiamo Salvini se continuiamo a essere alleati coi putiniani?», si chiede un deputato, e sottolinea: «Conte non ha detto una parola sulla farsa delle elezioni in Russia». La premier ha buon gioco a rinfacciare al «campo largo» che alla fine contano voti e decisioni, e sull'Ucraina Salvini si è sempre allineato alla linea pro-Kiev, anche sul sostegno alla sua difesa. A differenza del campo largo e dello stesso Pd, che «si è astenuto».

Vibranti proteste dai banchi dem: «Fake news, sull'aiuto all'Ucraina con ogni mezzo siamo sempre stati coerenti», insorge Elly Schlein. Peccato che dalla maggioranza il meloniano Donzelli le ricordi che un paio di mesi fa andò proprio così: il Pd si astenne sulle mozioni di maggioranza e Terzo Polo che sostenevano l'invio di armi, e solo alcuni dissidenti votarono a favore. Nel suo intervento Schlein divaga, parla di salario minimo e sanità e evita ogni riferimento critico all'alleato. Nota Carlo Calenda: «Salvini e Conte, che tifa per la resa dell'Ucraina, sono due facce della stessa medaglia. Quando la guerra diventerà più difficile destra e sinistra andranno in pezzi». Mentre Luigi Zanda, tra i fondatori del Pd, ammonisce Schlein: «Coi 5S ha un rapporto subalterno a vantaggio di Conte.

Ma sono impossibili alleanze politiche senza un idem sentire sulla collocazione internazionale del paese».

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