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Il contrordine di Rocca: "De Angelis resta al suo posto". La gauche s'infuria

Resta. Sembrava che il suo destino fosse segnato e invece no: Marcello De Angelis non scende dalla poltrona di responsabile della comunicazione istituzionale del governatore della Regione Lazio Francesco Rocca

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Resta. Sembrava che il suo destino fosse segnato e invece no: Marcello De Angelis non scende dalla poltrona di responsabile della comunicazione istituzionale del governatore della Regione Lazio Francesco Rocca. È proprio Rocca a dare l'annuncio, dopo aver letto il messaggio di scuse sulla strage di Bologna. «So bene che quanto affermato da De Angelis ha offeso e turbato molti, ma il suo è stato un errore dettato da un forte coinvolgimento personale e affettivo a tragiche vicende che tutt'oggi animano la coscienza e il dibattito politico nazionale». Insomma, Rocca prova a spegnere l'incendio, alludendo nemmeno tanto velatamente al dramma della famiglia De Angelis: il fratello Nanni, appartenente al gruppo Terza Posizione, morì in carcere nel 1980. «Dopo lunga riflessione - aggiunge Rocca - ho deciso di comprendere e non allontanare una persona sinceramente addolorata».

Ma l'opposizione non ci sta e annuncia battaglia: oggi ci sarà un sit-in sotto la sede della Regione per chiedere le dimissioni che non sono arrivate. «Le scuse per noi sono insufficienti - spiega Enzo Foschi, segretario del Pd di Roma - oggi alle 12 ci sarà un presidio di protesta. Le parole di De Angelis, a nostro modo di vedere, sono incompatibili con l'importante incarico istituzionale che ricopre». Nei giorni scorsi, il portavoce di Rocca aveva affermato di essere sicuro dell'innocenza di Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, condannati come esecutori dell'eccidio del 2 agosto 1980. Per questo la retromarcia di De Angelis non convince la sinistra che continua a chiedere il suo licenziamento. Durissima Marta Bonafoni, consigliera regionale del Lazio e coordinatrice della segreteria nazionale del Pd: «La conferma di De Angelis nel suo incarico è un fatto gravissimo. Uno schiaffo in faccia alle vittime della strage e ai loro familiari, per le frasi deliranti scritte sui social, per le quali non possono esserci scuse se non accompagnate dalle dimissioni».

Più cauta, dato il suo ruolo, Elly Schlein che rimanda all'appuntamento con la premier sul salario minimo, previsto per venerdì: «In quell'occasione vedremo se vi sarà ascolto anche sul fatto che abbiamo chiesto chiarezza sulle gravi affermazioni fatte dal responsabile della comunicazione istituzionale del Lazio, su cui Giorgia Meloni e il governo non hanno detto nulla». Si cerca dunque di tenere viva la querelle che obiettivamente ha creato imbarazzo a Palazzo Chigi, tanto che in un primo momento l'opinione prevalente era quella del siluramento di De Angelis, la cui esternazione aveva provocato l'ira della premier. Poi il clima è cambiato: l'intervento di De Angelis, visto il suo passato di estremista condannato a 5 anni e 6 mesi, è stato catalogato come inopportuno, anche se va detto che sul massacro di Bologna i dubbi sulle sentenze di condanna sono condivisi pure a sinistra, ma poi si è andati oltre. La crepa sarebbe stata sinonimo di vulnerabilità e a cascata avrebbe spinto Pd e 5 Stelle a cercare altre spallate. Quindi la vicenda finisce qua. «Credo che la storia sia chiusa con il post di De Angelis», afferma il sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro. E il Corriere della sera, nell'edizione on line, pesca un like piazzato dal sottosegretario all'ambiente Claudio Barbaro, amico di Ciavardini, sotto un commento del suo capo segreteria Ettore de Conciliis de Iorio che assolve De Angelis: È un suo diritto esprimere dissenso su un atto o provvedimento della pubblica amministrazione». Il caso va in archivio, ma anche no.

E resta valido l'invito formulato da Luciano Violante in un'intervista al Giornale: «Se sa qualcosa vada dai magistrati a raccontarlo».

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