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Cori, gazebo e vecchi militanti. Il popolo leghista rinfranca il Capitano

Fra gadget e salumi (ora anche calabresi) tornano i riti della base. Ma il folklore delle origini è lontano. I ricordi commossi di Berlusconi e Maroni

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Campanacci, trombe. Bandiere, tante bandiere. Ci sono quelle verdi della vecchia Lega targata Umberto Bossi e quelle bianche e blu con su scritto Salvini Premier. Perché si sa, il sogno di conquistare Palazzo Chigi resta. C'è anche chi, per il grande giorno, si è tinto di verde lega la folta barba. È un militante della vecchia guardia, da 33 anni sempre presente. Il popolo di Pontida c'è, forse un po' meno numeroso rispetto agli anni scorsi. «100mila presenti» dicono gli organizzatori, ma il grande pratone non si riempie del tutto. I pullman, oltre 200 provenienti da tutta Italia, intasano le piccole vie della cittadina bergamasca. Sono tutti lì per ascoltare Matteo Salvini. Appena il segretario spunta dal retropalco e accenna un timido saluto i militanti si esaltano: «Matteo, Matteo, Matteo» ripetono in coro coordinato. Quasi a sgolarsi. «Sta lavorando bene il nostro capitano» - commentano alcuni militanti lombardi intenti a gustare il panino con la salamella, immancabile a Pontida. Si sa, l'identità e la cultura (cavallo di battaglia di Salvini per le prossime europee del 2024) passano anche attraverso il cibo. Che non manca. Come non mancano i gazebo di tutte le regioni d'Italia. C'è quello del Veneto, che distribuisce il Pandoro e, a fianco, quello della Calabria. L'onorevole Domenico Furgiuele rigorosamente in polo verde con su scritto «Si Ponte» ha portato dal Sud (tanto combattuto per decenni dai leghisti padani) il salume tipico calabrese. La nduja. «Abbiamo portato i prodotti della nostra terra, i salumi, i formaggi e la nostra cipolla rossa di Tropea. Pontida è una festa che unisce tutti i leghisti d'Italia, qui ci sentiamo a casa» ci dice il parlamentare calabro che offre panini ripieni di nduja piccante a tutti. Anche il capogruppo leghista al Senato, Massimiliano Romeo, ne addenta uno. «Questa è la Lega», dice soddisfatto. Poco distante il punto vendita riservato ai gadget. Cosa c'è di nuovo quest'anno? - chiediamo ai militanti indaffarati a vendere - «Ci sono le borracce termiche e i ventagli». Con 21 euro si ottiene il kit del leghista. Dentro il pacchetto c'è l'immancabile felpa, il cappello e il braccialetto. La maglietta più venduta è quella con Matteo Salvini e Marine Le Pen che guarda alle prossime elezioni. «Un'altra Europa è possibile» è la didascalia che accompagna la foto dei due leader. Le sciarpette con lo slogan «prima gli italiani» sono andate a ruba. Sì, perché i leghisti tengono molto alla sovranità e, soprattutto, a quello slogan che Salvini non ha mai abbandonato. A scaldare il popolo della Lega è l'immigrazione. «Peccato che il nostro Matteo non sia più al ministero dell'Interno, ci sarebbe davvero bisogno di lui. Ha fegato, coraggio quando c'era lui non sbarcava nessuno. Avete visto, per questo è a processo. Bisogna fare di più». Commentano i militanti Piemontesi. Tra la folla spicca la maglietta con su scritto: «Blocco navale subito! Cedere Lampedusa all'Africa». «La Meloni è tosta ma deve darsi da fare, deve bloccare gli sbarchi» è il commento generale. Il sottosegretario al ministero dell'Interno, Nicola Molteni, che intercettiamo in mezzo ai militanti è chiaro: «Non siamo una spina nel governo, siamo felici che Giorgia Meloni sposi le politiche della Lega sull'immigrazione. Bisogna tornare ai decreti Salvini». Una signora poco distante, cappello verde in testa con su scritto «credo», interviene e precisa: «Non possiamo abbandonare i nostri principi. Li dobbiamo portare sempre avanti, li dobbiamo difendere». La voce narrante della manifestazione è già rauca quando annuncia il Presidente del Veneto Luca Zaia. Un forte applauso si alza dal pratone, le bandiere venete spiccano. Tutti chiedono «l'autonomia subito!» Roberto Calderoli li soddisfa. Marine Le Pen agita i leghisti che la accolgono entusiasti e curiosi «Le Pen, Le Pen» ripetono. «Siamo felici di vederla!» dicono.

Il ricordo di Roberto Maroni e di Silvio Berlusconi commuove tutti. Per Salvini, che parla all'ora di pranzo, urla, applausi e cori. Gad Lerner in prima fila scrive. Prende atto che Matteo Salvini è ancora il leader indiscusso del Carroccio.

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