Politica

Corsa a "frenare" Salvini. In campo persino il Papa

Il Pontefice dedica la Via crucis ai migranti Dai 5s ai militari, tutti quelli che lo attaccano

Corsa a "frenare" Salvini. In campo persino il Papa

Madamina, il catalogo è questo. Conte è nervoso e Di Maio lo bombarda due volte al giorno. Mattarella vigila preoccupato e Tria non accetta i suoi diktat sulla politica economica. I magistrati lo hanno messo sotto inchiesta per sequestro di persona e i militari si sono infuriati per le sue direttive sui migranti: «Un'ingerenza senza precedenti nella storia delle Repubblica». Ora scende in campo persino il Papa. Le meditazioni del Pontefice durante la Via Crucis saranno infatti tutte tagliate sulla chiave dell'assistenza: «L'esempio della morte di Gesù ci ispiri a impegnarci a non far sentire la solitudine a quanti agonizzano oggi nei troppi calvari sparsi per il mondo, tra cui i campi di raccolta simili a lager nei paesi di transito, le navi a cui viene rifiutato un porto sicuro, le lunghe trattative burocratiche per la destinazione finale, i centri di permanenza, gli hot-spot, i campi per i lavoratori stagionali». E ancora: «Chi ricorda le 26 nigeriane inghiottite dalle onde?».

No, non è un davvero buon momento per Matteo Salvini. Dopo mesi di irresistibile ascesa, di consenso popolare, di sondaggi strabilianti, di potere quasi assoluto sulle scelte del governo, ecco che, a un mese dalle elezioni europee, il leader della Lega comincia ad affrontare le prime onde alte, a trovare le prime difficoltà, a incontrare le primi argini alla sua crescita. La Difesa, i pm, i sindaci, l'Europa, gli alleati, il Vaticano. Parlare di accerchiamento, di confini, forse è troppo. Ma «l'operazione di contenimento» è evidente. Come ha sintetizzato l'altro giorno Gigi Di Maio, «Matteo non è il premier, quindi deve darsi una calmata».

E questa in realtà l'abbiamo già sentita. Ricordate l'«Enrico stai sereno», di Renzi a Letta? Sappiamo poi com'è andata a finire, anche se stavolta ovviamente i rapporti di forza e il quadro politico sono differenti. Però Salvini comincia a preoccuparsi. Non tanto per il Papa, che con i suoi discorsi umanitari sul dovere dell'accoglienza dei più poveri svolge la sua missione pastorale, e forse nemmeno per i giudici che lo vogliono mettere sotto processo per la sua linea dura sull'immigrazione.

Il problema semmai è nella somma dei diversi tentativi di resistenza, nell'effetto domino di queste manovre per sterilizzare Mister 32 per cento. Ad esempio, la svolta comunicativa di M5s dopo la batosta in Basilicata, con i toni più aggressivi usati da Di Maio nei confronti degli alleati, non è da prendere sottogamba. Anche il premier, il sempre calmo Giuseppe Conte, da un po' di tempo appare irritato con il suo scomodo vice per i suoi «sconfinamenti». Per non parlare di certe battute allusive dei grillini in Transatlantico: «Matteo rivendica decisioni solitarie solo quando è in campagna elettorale e non rischia di finire alla sbarra, perché altrimenti sostiene che le cose si devono fanno tutti insieme».

Ecco il punto, la tentazione dei Cinque stelle di votare sì al processo a Salvini il giorno in cui il caso Sea Watch approderà in Parlamento. Certo, si tratterebbe dell'arma finale, cadrebbe il governo, tutti a casa, Di Maio ai giardinetti. Il leader leghista non ci crede, pensa che da una manovra del genere i 5s avrebbero più da perdere che da guadagnare. Si tratterebbe insomma di un riposizionamento: i grillini, troppo schiacciati sulle posizioni del Carroccio, si buttano «a sinistra» per recuperare qualche punto, cercando di differenziarsi. Ma le polemiche interne alla maggioranza si moltiplicano e rischiano di fare precipitare una situazione già tesa. L'economia è ferma, l'Iva incombe e la Libia sta per esplodere.

Manca solo un'invasione di immigrati per mandare a Salvini il voto di traverso.

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