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Il cortocircuito del Carroccio che manifesta contro l'alleato

Se blocca la Tav, la vittoria in Piemonte si allontana

Il cortocircuito del Carroccio che manifesta contro l'alleato

Roma - Il caso Tav rischia di far male al governo Conte. Innescando un pericoloso cortocircuito tra Lega e M5s. È come vedere una gamba della maggioranza che prende a calci l'altra. Ieri in piazza Castello a Torino, dove si è riunito il fronte dei sostenitori dell'Alta velocità, sembrava assistere a un film già visto nel 2007 a Roma. Quando leader e ministri della sinistra scesero in strada per manifestare contro il governo Prodi di cui ne facevano parte. A Torino non sono andati in piazza i ministri leghisti ma lo ha fatto una fetta importante di amministratori e militanti del Carroccio piemontese. Il nodo Tav può far male non solo all'esecutivo ma anche alla Lega, aprendo una frattura tra territorio e vertici. Tra Carroccio di governo e base. E soprattutto rischia di erodere il consenso leghista in quella parte di elettorato, che riunisce imprese e piccoli commercianti, che chiede il completamento della linea dell'Alta velocità Torino-Lione. Per il Piemonte l'opera è fondamentale.

Il M5s sul blocco della Tav, dopo la retromarcia sul Tap in Puglia, si gioca tutto. La Lega, con un eventuale stop ai lavori, mette in conto di rinunciare a una fetta di consenso nel Piemonte. Un rischio che Matteo Salvini vuole evitare. Tra un anno si vota per eleggere il nuovo presidente della Regione: il centrodestra unito può strappare la poltrona al governatore Pd Sergio Chiamparino. Un passo falso sulla Tav rischia di riconsegnare la guida della Regione alla sinistra. Inizialmente la Lega ha aperto all'ipotesi di rivedere l'opera, valutando costi e benefici. Ma è chiaro che l'alleato grillino punti a un solo obiettivo: bloccare i lavori. Dunque, la partita diventa delicata sia per la tenuta dell'alleanza gialloverde che per l'unità all'interno del Carroccio. Lo strappo è dietro l'angolo. La Lega deve scegliere. Se cedere ai no di Luigi Di Maio e dei Cinquestelle, aprendo un fronte di guerra con i piemontesi, oppure tirare dritto sul completamento dell'opera.

La prima spia del malessere nella coalizione è accesa dal ministro dell'Agricoltura Gian Marco Centinaio che a margine della visita a Eicma alla Fiera di Milano non usa giri di parole: «Siamo convinti che la Tav serva». Un altro big, Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera e segretario regionale in Piemonte, è schierato dalla parte del fronte pro-Tav. Ed è stato Molinari ad aver autorizzato la presenza alla manifestazione dei parlamentari leghisti Elena Maccanti, Alessandro Benvenuto, Gualtiero Cassaratto e Marzia Casolati. Con loro c'era anche il segretario leghista torinese, Fabrizio Ricca. Il Carroccio piemontese parla con una sola voce: «Siamo favorevoli alle grandi opere e riteniamo la linea Torino Lione fondamentale e strategica per il Piemonte e per tutto il Paese. Rispettiamo gli impegni assunti con il Movimento 5 Stelle, che ha chiesto un approfondimento sulle modalità di realizzazione dell'opera attraverso un'analisi costi e benefici ma ribadiamo con forza che l'opera va realizzata». E nella folla pro-Tav c'era anche Gianna Gancia, capogruppo del Carroccio nel Consiglio regionale del Piemonte, moglie di Roberto Calderoli, l'ultimo leghista della vecchia guardia rimasto ancore in auge.

La Lega sa di muoversi in un sentiero stretto. E di non avere molto tempo per decidere.

Se buttare giù dalla torre gli alleati o una parte del consenso al Nord.

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