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Crimi fa fuori Radio Radicale L'opposizione: ne hanno paura

Crimi fa fuori Radio Radicale L'opposizione: ne hanno paura

Vito Crimi spegne Radio Radicale. Difficile leggere diversamente l'annuncio dato ieri dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'editoria di voler chiudere qui la convenzione tra Mise ed emittente per trasmettere le sedute del Parlamento. «La posizione è molto chiara - ha spiegato Crimi - è intenzione di questo governo, almeno mia e del Mise che abbiamo seguito il dossier, di non rinnovare la Convenzione con Radio Radicale per svolgere il servizio. Vorrei che i termini fossero corretti, non rinnovare la Convenzione». Stop dunque ai quasi 8 milioni di euro, vitali per l'esistenza in vita dell'emittente radiofonica nata nel 1976, soprattutto se sommato, quello stop, al taglio dei finanziamenti all'editoria (che «pesano» sui bilanci della radio per altri 4 milioni). E la chiusura dei rubinetti viene motivata con la giustificazione che quelle trasmissioni in convenzione sarebbero, spiega ancora Crimi, «un servizio che Radio Radicale ha svolto per 25 anni senza alcun tipo di valutazione, come l'affidamento con una gara». Che, in realtà, c'è stata, nel 1994 appunto, ed è stata vinta da Radio Radicale. Da allora si è andati avanti di proroga in proroga, non certo per volontà della radio controllata dall'Associazione politica lista Marco Pannella, che in una nota ha anzi ricordato come «abbia sempre richiesto che venisse rimesso a gara». Anche se Crimi insiste a dire che «nessuno ce l'ha con Radio Radicale o ne vuole la chiusura», è evidente quali siano le conseguenze della scelta. Così gli ex profeti dello streaming e del «tutto in diretta» rischiano di soffocare l'antesignana del servizio pubblico, che anche fuori dalla convenzione da sempre si preoccupa di seguire convegni, congressi e kermesse politiche, peraltro mettendo la quasi totalità delle registrazioni a disposizione di chiunque sul proprio sito web.

E infatti le opposizioni insorgono. Vanno all'attacco per Forza Italia Maurizio Gasparri («Atto sventurato») e Mara Carfagna, che chiede a Conte e Crimi di discuterne in Aula. Anche il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, chiede di «non spegnere la voce di Radio Radicale».

Critico pure il suo predecessore, il senatore di Leu Pietro Grasso, mentre di «attacco alla democrazia» parla il presidente dei senatori Pd Andrea Marcucci.

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