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Crisi di governo, Conte si dimette: cosa succede ora

Il premier sembra intenzionato a salire al Quirinale già oggi per dimettersi: ecco cosa succede poi

Crisi di governo, Conte si dimette: cosa succede ora

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato la volontà di salire al Quirinale per dimettersi. Si apre formalmente la crisi che finora è stata solo annunciata. Ecco quali sono i passaggi successivi.

DIMISSIONI - Dopo il colloquio nello studio del Presidente della Repubblica, il segretario generale del Quirinale legge alle telecamere (ma la sala stampa non dovrebbe essere aperta) il comunicato con cui si annuncia che il premier si è dimesso e il Presidente gli ha chiesto di rimanere in carica per gli affari correnti.

LE CAMERE - Il premier si reca allora, per cortesia istituzionale, alla Camera e al Senato per comunicare la decisione di dimettersi anche ai due presidenti. La comunicazione verrà annunciata con la lettura di una lettera del premier alle due aule nella prima seduta utile. Le Camere da questo momento lavorano in 'regime di crisì, cioè possono esaminare e votare solo atti dovuti e urgenti e i provvedimenti su cui in capigruppo si registra l'unanimità.

LE CONSULTAZIONI - Immediatamente dopo il segretario generale della presidenza della Repubblica comunica anche l'avvio delle consultazioni. In questo caso il calendario di tali colloqui dovrebbe essere diramato in tempi brevissimi e già da domani potrebbero essere sentiti da Sergio Mattarella il presidente emerito Giorgio Napolitano, molto probabilmente al telefono, i presidenti di Senato e Camera Elisabetta Casellati e Roberto Fico, i capigruppo accompagnati, se lo ritengono, dai leader di partito.

SCIOGLIMENTO DELLE CAMERE - Se durante le consultazioni non si individua una maggioranza che voglia sostenere un governo, il Capo dello Stato ne prende atto e, sentiti i presidenti di Montecitorio e palazzo Madama come prescrive la Costituzione, scioglie le Camere. Con due decreti del presidente della Repubblica, controfirmati dal presidente del Consiglio, il Presidente scioglie le dunque le Camere, convoca i comizi elettorali e fissa la data della prima seduta delle Camere. Negli ultimi anni, per effetto della legge sul voto degli italiani all'estero, la data del voto è fissata non più tra 45 e 70 giorni dallo scioglimento delle Camere ma tra 60 e 70 giorni. Se dunque si sciogliessero le Camere entro il 27 agosto, si avrebbe tempo per votare domenica 27 ottobre. Quando le Camere sono sciolte sono in regime di prorogatio, che può durare al massimo settanta giorni prima delle elezioni e venti dopo (entro tali termini viene fissata la prima seduta). In regime di prorogatio Camera e Senato possono varare solo ed esclusivamente provvedimenti "costituzionalmente dovuti, ovvero urgenti o indifferibili" e cioè conversione di decreti legge, ratifica di trattati internazionali, attuazione di obblighi comunitari. Il governo dimissionario resta in carica per gli affari correnti, in base a un ambito definito da una circolare di palazzo Chigi, fino a che, dopo le elezioni, non si sarà formato un nuovo governo: non esiste nessuna vacatio, nemmeno di un'ora, tra un governo e l'altro

NUOVO GOVERNO - Se durante le consultazioni si individua una maggioranza che intende sostenere un governo, nel confronto tra i partiti della nuova maggioranza e il Capo dello Stato, si individua un presidente del Consiglio. Tale personalità viene incaricata dal presidente della Repubblica, accetta l'incarico con riserva, informa del suo incarico i presidenti delle Camere, svolge suoi colloqui politici e infine torna al Quirinale con una lista di nomi per formare il governo. La lista dei ministri individuata dal premier viene da lui proposta ma i ministri vengono nominati dal Capo dello Stato. Trovato l'accordo anche su questo, il segretario generale del Quirinale legge un comunicato nel quali si annuncia che il premier ha sciolto positivamente la riserva; poi viene letta la lista dei ministri. Nelle ore successive premier e ministri giurano al Quirinale nelle mani del Capo dello Stato, poi scendono a palazzo Chigi per la prima riunione del Consiglio dei ministri. Pochissimi giorni dopo il giuramento il presidente del Consiglio si reca alle Camere (la prossima volta comincerà da Montecitorio) per tenere un discorso programmatico con il quale chiede la fiducia. Il dibattito e il voto deve essere fatto da entrambe le Camere. Dal momento della fiducia il governo è nel pieno delle sue funzioni.

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