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Crisi di nervi sul Salva-Stati Il premier querela Salvini

Conte sfida il leghista: «Lo denuncio per calunnia» E lunedì sarà in Aula: «Spazzerò via le menzogne»

Crisi di nervi sul Salva-Stati Il premier querela Salvini

«Come sempre sarò in Parlamento, in trasparenza, a riferire tutte le circostanze e verranno spazzate vie mezze ricostruzioni, mistificazioni, mezze verità e palesi menzogne di chi oggi si sbraccia a fare dichiarazioni altisonanti». Il premier Giuseppe Conte, ieri ad Accra in Ghana con Eni, ha attaccato Matteo Salvini e l'opposizione che lo ha accusato di aver scavalcato il Parlamento sulla riforma del Fondo salva-Stati (Mes) attentando alla sovranità nazionale.

Il presidente del Consiglio ha perso il suo tradizionale aplomb tradendo una sorta di crisi di nervi e sfidando il leader del Carroccio a un duello nelle aule di tribunale. «A Salvini se è un uomo d'onore dico questo: vada in Procura a fare l'esposto. Non ho l'immunità perché non sono parlamentare. Lui ce l'ha e ne ha già approfittato per il caso Diciotti. Adesso veda questa volta, perché lo querelerò per calunnia, di non approfittarne più», ha annunciato il capo del governo. Visibilmente in difficoltà perché, come detto, l'informativa al Parlamento, che avrebbe potuto svolgersi oggi, è stata rinviata a lunedì. È evidente che sul Mes o lui o il ministro dell'Economia si siano spinti troppo avanti. E dunque servirà qualche giorno per presentare all'Aula una versione credibile dei fatti se, come afferma Salvini, il precedente esecutivo non aveva dato l'ok che il titolare del Tesoro ha dato per scontato. «Il signor Conte deve mettersi in fila e prendere il bigliettino, prima viene la signora Carola e la signora Cucchi», ha replicato l'ex ministro dell'Interno notando che «la crescente arroganza dell'avvocato del popolo ricorda una frase del marchese del Grillo: Io so' io, voi non siete un cazzo. Ha la coscienza sporca dei bambini beccati con le mani nella marmellata».

Soprattutto, servirà qualche giorno per ricomporre l'ennesima frattura con il Movimento 5 stelle perché il capo politico Luigi Di Maio, liquidato su due piedi da Gualtieri come «non competente sulla materia», ha rivendicato il proprio potere di veto. «Nelle prossime ore a livello di maggioranza avremo bisogno di valutare se tutto questo pacchetto, il Meccanismo salva-Stati ed altre riforme europee che sono in quel pacchetto (l'unione bancaria e anche il tema dell'assicurazione sui depositi) conviene all'Italia oppure no», ha dichiarato sottolineando che «una cosa è un salva Stati, una cosa è uno stritola Stati, sul modello della Grecia». E nel messaggio inviato al gruppo parlamentare pentastellato il ministro degli Esteri ha ribadito che il M5s ha «l'obbligo di controllare non solo la riforma del Mes, ma anche tutti gli altri negoziati in corso».

Giorgia Meloni, leader di Fdi (il partito che ha costretto Conte al redde rationem), ha detto che non si può confermare l'impegno per un fondo «al quale l'Italia, se avesse bisogno di essere salvata, non potrebbe accedere». Il capogruppo alla Camera di Fi, Mariastella Gelmini, ha invitato il governo a «riaprire il negoziato con l'Ue». La polemica non ha giovato ai nostri Btp: lo spread con i Bund decennali tedeschi ieri ha chiuso in rialzo a 171 punti.

Ai mercati, si sa, la bagarre non piace.

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