Politica

Quel Cristo inchiodato a un simbolo di morte e orrore

Fa il giro del mondo la foto del presidente boliviano Morales che dona a Francesco un crocifisso con la falce e il martello

Quel Cristo inchiodato a un simbolo di morte e orrore

Il problema non sono le foglie di coca. Quando arrivammo con San Giovanni Paolo II a La Paz le bevemmo tutti infuse nel tè, Papa compreso, per farci passare il mal di testa. Ma qui non basta il mate di coca a lenire una ferita al cuore. Come può Francesco accettare in dono, sorridendo, e di fatto riconoscere come amabile, corretto, cattolicissimo l'obbrobrio di una composizione di falce e martello, simbolo del comunismo, con Cristo inchiodato al martello in forma di sostituto della croce?

Io amo il Papa. A prescindere dal nome. Don Bosco quando i suoi ragazzi gridavano felici «Viva-Pio-IX» li correggeva dicendo che era più giusto inneggiare «Viva-il-Papa». Ma non es+istono i pontefici in generale. E Francesco è un segno di misericordia eccezionale per chiunque porti con sé il carico dei peccati e dei tradimenti, e io di più.

Ho provato a immaginare i sentimenti di Bergoglio in quel momento. Di certo avrebbe sbranato quel briccone di Morales, presidente guerrigliero svalvolato, che lo ha posto dinanzi al fatto compiuto. In effetti una prima immagine - dinanzi all'offerta scostumata del leader boliviano - ne mostra il volto contrariato, come di chi è incerto sul da farsi. Wojtyla avrebbe staccato Gesù da quel martello, ne sono sicuro, e l'avrebbe baciato e fatto baciare a Morales. Impossibile pensare accettasse Cristo crocifisso come protettore ed emblema divino del comunismo.

Invece Francesco ha mutato la durezza del volto in benevolenza. Io penso abbia dentro di sé trovato un positivo in quell'intruglio simbolico osceno. E cioè lo abbia interpretato come un atto sincero di devozione. Adesso è di moda buttare giù le croci dai campanili: lo fanno i seguaci del Califfo, a colpi di piccone, e i sindaci francesi, a colpi di laïcité . Che un capo di Stato veneri la figura di Gesù Cristo deve magari essergli parso persino bello alla luce del Vangelo e di quella frase del Messia: chi non è contro di me è con me.

Io preferisco pensare, però, che abbia dentro di sé valutato che aver inchiodato il Nazareno al simbolo di una ideologia sanguinaria, da centoventi milioni di morti ammazzati, dicesse una verità insieme tremenda e taciuta. E cioè che davvero è stato negli ultimi cent'anni il martello del comunismo a mettere in croce migliaia e migliaia di vescovi, preti, suore e milioni di semplici cristiani.

Detto questo, aspetto che qualche giornalista, in aereo, gli chieda la ragione del suo farsi concavo dinanzi a una bestemmia da propaganda triviale. Qualunque cosa potrà dire la rispetterò, e così tanti cattolici con la colpa di aver letto gli atti dei martiri russi e vietnamiti. Resta quel dolore, e sono certo che in Paesi dove le stigmate della persecuzione sono ancora sanguinanti, la pena rasenta lo scandalo. Tanti fratelli nella fede, in Cina, in Corea del Nord, anche a Cuba nonostante i passi avanti, proprio in questo momento sentono sulle loro ossa il martello del comunismo che picchia i chiodi o picchia le teste e le anime della gioventù.

Mi viene in mente don Lorenzo Milani, da tutti ormai ritenuto giustamente un grande della fede, che criticò il fatto che alcuni cardinali vicini al Papa assolvessero il regime franchista e lo benedicessero, in articoli e interviste sulla Stampa . Il priore di Barbiana li contestò in nome della sua esperienza e della libertà. E aggiunse che non era comunque il caso di scandalizzarsi e di abbandonare il cattolicesimo. Scrisse, era il 1959: «Noi la Chiesa non la lasceremo perché non possiamo vivere senza i suoi Sacramenti e senza il suo Insegnamento. Accetteremo da lei ogni umiliazione ma ce lo dovrà dire il Papa con atto solenne che ci impegni nel Dogma. Non il giornale della Fiat. E fino a quel giorno vivremo nella gioia della nostra libertà di cristiani. Criticheremo vescovi e cardinali serenamente visto che nelle leggi della Chiesa non c'è scritto che non lo si possa fare. Il peggio che ci potrà succedere sarà d'essere combattuti da fratelli piccini con armi piccine di quelle che taglian la carriera».

Correrò il rischio e faccio mie queste parole. Ci dica il Papa solennemente, con formula impegnativa della sua autorità apostolica, che va bene adorare Cristo inchiodato su falce e martello e mi adeguerò. Griderò viva Gesù e viva il Papa.

Viva il comunismo non sono in grado però di garantirlo.

Commenti