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Cuperlo dice sì al nuovo Italicum. Il premier esulta: fronda spaccata

Uno dei leader della minoranza firma sull'intesa per la legge elettorale. No dei bersaniani. Renzi: sono quattro gatti

Cuperlo dice sì al nuovo Italicum. Il premier esulta: fronda spaccata

nostro inviato a Firenze

Mentre il centro di Firenze viene messo a ferro e fuoco dalla manifestazione degli «antagonisti» per il No al referendum, dietro le quinte della Leopolda assediata, Matteo Renzi incassa con soddisfazione la spaccatura della minoranza Pd: «Ora per il No sono rimasti Bersani, Speranza e quattro amici».

La lunga trattativa sulla futuribile modifica dell'Italicum, condotta dal vice segretario Lorenzo Guerini, si è chiusa con un accordo interno: la sinistra Pd rappresentata da Gianni Cuperlo, ex competitor di Renzi alla leadership Pd, ha firmato il documento che butta giù i punti di possibile intesa: collegi al posto delle preferenze e premio di maggioranza che assicuri la «governabilità» anche eliminando il ballottaggio, nonché elezione diretta dei senatori. «Un messaggio di disponibilità che rivolgiamo anche all'elettorato moderato di Forza Italia - dice il premier ai suoi - per rassicurarli sul fatto che dopo il referendum saremo aperti alla discussione». Quanto alla minoranza bersaniana, che subito spara contro il «tradimento» di Cuperlo («Si è fatto prendere in giro», aggredisce Nico Stumpo su mandato dell'ex segretario), «abbiamo levato loro anche l'ultimo alibi. Dicevano che avrebbero votato Sì se mi fossi impegnato sull'Italicum, e ora emerge chiaramente che il loro No ha una sola motivazione: farmi fuori e riprendersi la Ditta». Per Cuperlo, parole d'affetto: «Lui si è dimostrato coerente e leale». Intanto Renzi guarda anche ad un altro pezzo di sinistra da conquistare pubblicamente al Sì, grazie all'ex sindaco di Milano Pisapia.

All'affollatissima Leopolda («Forse la migliore che abbiamo mai fatto», dice il suo inventore) è la giornata di Maria Elena Boschi e di un panel di costituzionalisti che dal palco smontano una per una le «bufale del No». Quando parte una clip di Massimo D'Alema che critica la riforma, dalla platea parte la più sonora bordata di fischi della kermesse. Parla l'imprenditore della moda Brunello Cucinelli (che annuncia che finanzierà la ricostruzione della basilica di Norcia), parla la star tv Costantino della Gherardesca, parla il sindaco di Firenze Dario Nardella che condanna i disordini dei sostenitori del No. Dietro le quinte, intanto, resta l'incertezza sul dopo referendum: se vince il Sì, sulla strada di un Renzi molto rafforzato resta comunque il rischio che il maggioritario dell'Italicum venga smontato dalla Consulta, per far rientrare dalla finestra il proporzionale. «Su questo si aprirà un braccio di ferro, ma il Colle giocherà un ruolo importante», dicono i renziani. E se vincesse il No, cosa che nessuno - neppure il premier - si sente di escludere? Rifiutare il reincarico dopo le dimissioni, per Renzi, sarà difficile, spiegano i suoi: Mattarella ha fatto capire di non vedere alternative a questo scenario, tanto più che Berlusconi avrebbe dato la sua disponibilità ad appoggiare dall'esterno un governo che dovrebbe fare finanziaria, legge elettorale e (in primavera) una nutrita tornata di nomine degli enti in scadenza.

Ma il timore di logorarsi, restando a Palazzo Chigi indebolito, è forte.

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