Politica

Desaparecidos italiani Un processo a Roma per ricordare e punire

Sul banco degli imputati 21 ex politici e militari accusati della morte di 23 persone. Un caso simbolo: furono migliaia le «nostre» vittime

Un processo per dare dignità a una generazione scomparsa, torturata, assassinata negli anni bui delle giunte militari in Sudamerica. Il dramma dei desaparecidos dell'America Latina attraversa l'Oceano e sbarca a Roma. Ventuno tra ex militari, ex ministri ed ex Capi di Stato boliviani, peruviani, cileni e uruguayani saranno processati il prossimo dodici febbraio dalla Corte d'Assise di Roma. Il gup Alessandro Arturi li ha rinviati a giudizio per il reato di omicidio plurimo aggravato e sequestro di persona.

Ventitrè i cittadini di origine italiana che sono morti negli anni bui delle dittature. Nei confronti degli imputati non verrà contestata la strage per un vizio di procedibilità. Il processo inizierà nell'aula bunker di Rebibbia, davanti alla III corte d'assise. Agivano nella famigerata «Operazione Condor», nome in codice di un piano assassino, un programma politico che negli anni '70, e fino ai primi anni '80, permise lo scambio di dati e prigionieri tra le dittature del Sud America. «Un processo importantissimo», spiega Massimo Carlotto che sugli scempi della dittatura argentina ha scritto Le irregolari , un toccante libro inchiesta (Edizioni E/O). Migliaia le persone che nel corso dell'operazione vennero assassinate, incarcerate, torturate, migliaia quelli che scomparvero nel nulla. «Il più alto numero di vittime dopo la seconda guerra mondiale, 40mila solo in Argentina di questi, 18mila erano di origine italiana», dice Carlotto. «Aprire un procedimento qui in Italia che riconosce la messa in atto di un piano repressivo, avrà finalmente l'effetto di influenzare la società sud americana ancora spaccata in due. C'è tutta una parte infatti che vuole dimenticare e che rifiuta l'accaduto. Non tutto il Sud America è come l'Argentina, dove sono forti e combattive le associazioni, come le ormai celebri Nonne di Plaza de Mayo. Donne di 80 anni che lottano per avere giustizia. E molte volte la ottengono. Un gruppo commuovente e tenace di vecchiette, una storia tutta al femminile, fatta di donne, madri e nonne che all'inizio venivano chiamate pazze, ma che hanno dimostrato con coraggio la verità. E non solo hanno riportato a casa tantissimi nipoti rubati ai genitori, ma a far processare i generali. Una cosa impensabile fino a pochi anni fa. Ma soprattutto sono riuscite a far passare la parola genocidio». Ma l'Argentina è una storia a sé. «In Bolivia come in Cile ad esempio - continua lo scrittore- le associazioni sono deboli, la gente non ama ricordare. Per questo un processo a Roma è importante. Scuote gli animi. Risveglia una società che ha lasciato per troppi anni il conto in sospeso con i crimini dei dittatori».

Il rinvio a giudizio arriva dopo oltre dieci anni di indagini condotte dalla Procura di Roma, dall'aggiunto Giancarlo Capaldo. Una complessa attività investigativa che ha cercato di risalire agli autori del «Piano Condor», l'accordo diabolico di cooperazione di sette Paesi e dai suoi dittatori per eliminare senza confine qualunque oppositore al regime. Fossero sindacalisti, intellettuali, studenti, operai.

Il primo caso di «desaparecido» contemplato nel procedimento romano, anomalo rispetto agli altri perché avvenuto prima dell'insediamento della giunta militare in Argentina, è quello legato all'uccisione di Alvaro Daniel Banfi, sequestrato in Argentina il 12 settembre del 1974 e morto un mese e mezzo dopo.

L'inchiesta portò all'emissione di circa 140 richieste di custodia cautelari di cui solo una fu eseguita nei confronti dell'uruguayano Nestor Jorge Fernandez Troccoli, 63 anni, dei servizi segreti della Marina accusato della morte di sei italiani.

Commenti