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Il dibattito sul testamento biologico e il rischio del via libera all'eutanasia

Deputati cattolici critici sul testo base della pdl sul testamento biologico in discussione in Commissione Affari Sociali: "apre all'eutanasia". Il presidente emerito della Consulta, Antonio Baldassarre a ilGiornale.it: "legge utile, ma rispetti i principi costituzionali"

Il dibattito sul testamento biologico e il rischio del via libera all'eutanasia

A distanza di dieci anni dal caso Welby, e di otto anni dalla morte di Eluana Englaro, in Italia si torna a parlare di testamento biologico. E anche se si va avanti ancora in punta di piedi ed i giornali ne parlano poco, la proposta di legge sulle Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari che si sta discutendo in questi giorni in Commissione Affari Sociali della Camera, e che approderà in aula il 20 febbraio prossimo, sta già sollevando un polverone. A criticare aspramente il testo base, sul quale concordano, a grandi linee, Pd, M5S e Sinistra italiana, è uno schieramento trasversale di parlamentari cattolici - tra cui Eugenia Roccella(Idea), Alessandro Pagano (Lega), Gian Luigi Gigli (Des-Cd), Paola Binetti (Udc), Benedetto Fucci (Cor), Raffaele Calabrò (Ap), Antonio Palmieri (Fi) e Domenico Menorello (CI) - che accusa il Pd di voler approvare il prima possibile una legge "dannosa”, “ideologica” con cui si rischia di “introdurre l’eutanasia” in Italia.

I temi sui quali si sta infiammando il dibattito, infatti, sono sostanzialmente due. Il primo è l’inclusione di “nutrizione ed idratazione” all’interno dei “trattamenti sanitari”, che, secondo il testo base, potranno essere, quindi, sospesi secondo la volontà del paziente. Il secondo è il “vincolo” per il medico di seguire le Disposizioni anticipate di trattamento (DAT), che, secondo gli stessi deputati, trasforma il medico “in un mero esecutore della volontà del malato". Una levata di scudi sul testo della proposta di legge sul testamento biologico è arrivata anche dai presidi delle Facoltà di Medicina delle principali università romane, come La Sapienza, Tor Vergata e Campus Biomedico, i quali hanno definito “sconsiderata”, l'equiparazione tra idratazione e terapia, chiarendo come "idratazione e nutrizione rappresentino un sostegno vitale". “Togliere cibo e idratazione ad un malato vuol dire farlo morire di fame e di sete, e quindi ucciderlo”, denuncia Toni Brandi, di Pro Vita, che si unisce al coro delle polemiche, annunciando una campagna di sensibilizzazione e lanciando una raccolta firme destinata ai parlamentari, per “respingere” la proposta di legge sulle DAT.

IlGiornale.it ha chiesto al professor Antonio Baldassarre, presidente emerito della Consulta, cosa pensa della proposta di legge e quali sono i limiti stabiliti dalla nostra Costituzione in materia.

La possibilità per il paziente di interrompere la nutrizione e l'idratazione può contraddire i principi sanciti dalla nostra Costituzione?

Dipende dalle condizioni in cui si trova la persona. Nel caso in cui ci fosse una possibilità di recuperare la salute del paziente, in base all’art. 32, è chiaro che ammettere questa possibilità sarebbe incostituzionale. Diversa è l’ipotesi in cui il soggetto non è più recuperabile sotto il profilo della salute psico-fisica. In questo caso si tratterebbe, infatti, di accanimento terapeutico e si potrebbe prevedere legislativamente una possibilità di questo tipo.

Quindi, tranne in caso di accanimento terapeutico, interrompere la nutrizione sarebbe incostituzionale…

Secondo me sì, perché finché c’è possibilità di recupero della salute c’è persona e quindi scatta il diritto alla salute.

Il testo base della proposta di legge sembra riprende lo spirito della sentenza emessa dalla Cassazione nel 2007 sul caso di Eluana Englaro. C’è il rischio, quindi, di vedere approvata una legge sull’eutanasia?

Quella sentenza è stata una delle peggiori, più discusse e criticabili sentenze della Corte di Cassazione. Fu una sentenza “normativa”, che stabiliva delle norme, una disciplina intera, cosa che non spetta fare a nessun giudice. I giudici devono risolvere il caso di specie, non scrivere nuove norme. Detto ciò, il punto è quello della questione precedente: se c’è una possibilità di recupero della salute, qualsiasi attività di intervento volto a lasciar spegnere una vita umana non è ammissibile. Cosa che invece è possibile nel caso dell’accanimento terapeutico.

Nel testo non figura l’obiezione di coscienza…

Guardi, esiste ormai una giurisprudenza della Corte Costituzionale secondo la quale, riguardo le questioni moralmente sensibili, è possibile l’obiezione di coscienza. Ricordiamo il caso del servizio militare o quello dell’aborto. Credo che la stessa cosa valga per l’eutanasia. Anche qui, ci sono opinioni morali molto diverse e quindi un medico che è contrario all’eutanasia, in base ai principi affermati più volte dalla Corte Costituzionale, può rifiutarsi in nome dell’obiezione di coscienza. Questo vale sia che sia scritto nella legge, sia che non sia scritto nella legge. È chiaro che se non è scritto nella legge una persona può andare di fronte al giudice e chiedere che sia sollevata la questione di costituzionalità davanti alla Corte. Facendo una previsione, credo che la Corte gli riconoscerebbe sicuramente questo diritto.

Dal suo punto di vista è giusto che sia il Parlamento a disciplinare il rapporto tra medico e malato?

Il Parlamento può decidere soltanto sulla base dei principi costituzionali che abbiamo ricordato prima. Laddove ci fosse possibilità di recupero della salute nel soggetto, se il paziente decidesse di farla finita, il medico parteciperebbe all’intenzione suicida del paziente e commetterebbe un reato. Un’eventualità d’altro tipo non può essere stabilita dalla legge in questo caso, perché altrimenti la legge sarebbe incostituzionale. Diverso, come sempre, il caso dell’accanimento terapeutico.

A suo avviso, una legge sulle Dat è necessaria, oppure esistono già gli strumenti normativi per dirimere le controversie sul “fine vita”?

La legge può essere utile, sempre che sia fatta nel rispetto dei principi costituzionali. La sentenza che lei prima ha citato, ad esempio, è una sentenza molto criticabile perché in assenza di previsioni legislative ha fissato essa stessa le norme, cosa che è aberrante per un giudice. Quindi, può essere utile che ci sia una legge.

Ma questa deve essere rispettosa dei principi costituzionali.

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