Economia

E adesso scatta il risiko sugli istituti salvati

Gli scenari dopo il provvedimento dell'esecutivo per salvare quattro banche in grave crisi. La Cassa depositi e prestiti garantirà i finanziamenti. Patuelli: "Aggregazioni, nessuna fretta"

E adesso scatta il risiko sugli istituti salvati

C'è anche il timbro della Cassa depositi e prestiti nel piano ordito da Bankitalia e dal Tesoro per salvare Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti obbligando l'intera industria del credito a «pompare» denaro nel Fondo di risoluzione. La Cdp garantisce infatti, ma solo nel caso (remoto) d'incapienza, gli 1,65 miliardi di finanziamenti a 18 mesi eccedenti la «rata» quadriennale (2,35 miliardi) che devono versare tutte le banche aderenti all'Abi. Per Intesa Sanpaolo, che con Unicredit e Ubi ha firmato il prestito ponte da 3,9 miliardi, partecipare al salvataggio dei 4 istituti decotti costa 475 milioni di oneri. Per Unicredit, la cifra è di 300 milioni, per Ubi 91 milioni. Il terzetto eroga 2,35 miliardi a breve termine (780 milioni a testa) e 1,65 miliardi a lungo (550 milioni).

Scansato il bail-in e riportate le aziende in bonis, può partire la caccia al compratore per le «nuove» Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti. Si scommette sull'interesse della stessa Ubi e di Cariparma. L'Abi di Antonio Patuelli, rimarcati «i grandi e assai onerosi» sforzi profusi dalle banche nel salvataggio, insiste sull'«armonizzazione delle norme» in Europa. Il riferimento implicito è allo svantaggioso trattamento dei crediti di imposta, su cui l'Abi ha già ottenuto una prima vittoria con l'erario. Il decreto legge licenziato domenica dal governo Renzi (articolo 3 comma 1 e 4) prevede infatti il trasferimento delle plusvalenze attive, convertite in un crediti di imposta, dalle vecchie alle nuove banche. Un precedente importante, così come la nascita della bad bank per ripulire i quattro istituti ex commissariati potrebbe diventare l'anticamera di quella chiamata a smaltire i 200 miliardi di sofferenze lorde dell'intero sistema. Lo stesso Patuelli è comunque convinto che, risolta l'urgenza dell'Etruria & C, non ci siano altri diktat per l'industria né dal punto di vista delle finora disattese nozze tra le Popolari dopo la riforma Renzi né per Mps.

«Sulle aggregazioni nulla è precluso e nulla è imposto», ha detto Patuelli rimarcando che non c'è necessità di altre azioni di salvataggio né esiste alcun piano regolatore». Non solo: la stessa situazione di Mps, a cui la Bce ha chiesto di andare all'altare, potrebbe migliorare con la ripresa dell'economia. Per l'intero sistema, ha detto il direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini, resta comunque il problema di aumentare la redditività del settore e i sindacati, con la Fabi di Lando Sileoni, hanno già messo le mani avanti sul rischio di ulteriori tagli. Gli impieghi complessivi cresceranno comunque meno dell'1%, mentre per una vera svolta sulle sofferenze si dovrà attendere il 2017.

Patuelli prevede, invece, «un aumento» entro dicembre delle cessioni dei crediti deteriorati.

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